FINALMENTE LIBERI D’AMARSI
Erano a casa di
Lex Luthor.
Qualcosa si
stava movendo nell’aria. Lo percepivano chiaramente. Ma cosa?
“Questa storia
non mi piace per niente!” Esclamò spaventata Chloe Sullivan.
“Nemmeno a me.”
Le fece eco Lana Leng.
“Se avete paura,
andate fuori. Pete accompagnale.” Disse Clark Kent.
“Volentieri
amico.” Rispose Pete uscendo seguito dalle due ragazze.
In stanza
rimasero solo Clark, Lex e Katy Delawee.
Sebbene le
finestre fossero chiuse le tende si muovevano.
“Ma che sta
succedendo?” chiese Clark.
“Non lo so, ma
non mi piace.” Rispose Lex.
“Silenzio!”
Ordinò Katy.
I due ragazzi
ubbidirono.
Katy si portò al
centro della stanza, e parlò come se ci fosse una quarta persona.
“Chi sei tu?”
“Ma che stai
dicendo Katy? Siamo noi.” Disse Clark.
“Non sto
parlando con voi. Fate silenzio.”
“Ma…” provò a
dire ancora Clark.
Katy si decise a
spiegare.
“Io ho una
capacità. Posso percepire il cuore della gente e le eventuali manifestazioni.
Ora fate silenzio.”
Katy si addentrò
al centro della stanza, camminando lentamente, con circospezione.
“Non avere
paura. Non voglio farti del male.” Il suo tono era dolce, pacato. Sulle sue
labbra un sorriso.
“Il mio nome è
Katy. E tu? Come ti chiami?”
Una voce di
donna profonda, che pareva venire da un altro mondo rispose. Ma solo Katy
riuscì a sentire cosa disse.
“Il mio nome è Avril O’Nehil.”
Katy sapeva
d’essere l’unica a poterla sentire, perciò ripeté anche ai due ragazzi ciò che
aveva sentito.
“Dice di
chiamarsi Avril O’Nehil.”
“Ma chi? Qui non
c’è nessuno.” Disse Lex.
Katy lo fulminò
con lo sguardo.
“Ti sbagli.
Anche se non vedi una cosa, non puoi affermare con certezza che non esiste.”
“Vuoi dirmi che
i fantasmi esistono e che ce n’è uno qui?” domandò ironico il ragazzo.
“Non un
fantasma. Un’entità.”
“Scusa.” Disse
sempre ironicamente Lex.
“Fossi in te non
mi comporterei in modo così strafottente.”
“Tale e quale a suo padre. Diffidente su
tutto.”
“Conosci suo
padre?” chiese Katy.
“Non conosco
nessun O’Nehil.” Le rispose Lex.
“Non dicevo a
te. Parlavo con lei. Dice che sei tale e quale a tuo padre. Diffidente su
tutto.”
“Come no?!”
“Chiedigli se vuole una prova della mia
esistenza.”
“Chiede se vuoi
una prova della sua esistenza.”
“Perché no?”
“Quando aveva
cinque anni lui e suo padre sono andati a fare una gita. Durante quella gita
Lionel Luthor gli ha regalato una catenina con un ciondolo che raffigura lo
stemma della casata dei Luthor. Un ciondolo che era appartenuto a suo nonno.
Quello è stato l’unico regalo che il padre gli ha fatto.”
“Dice che quando
avevi cinque anni hai fatto una gita con tuo padre. In quell’occasione lui ti
ha regalato una catenina con un ciondolo raffigurante lo stemma della casata
Luthor che era appartenuto a tuo nonno. Ed è stato l’unico regalo che ti ha
fatto.”
Lex sembrava
sorpreso.
“E’ la verità?”
domandò Clark.
“Sì. Ma come lo
sapevi?” domandò a Katy.
“Io non lo
sapevo. Lo sapeva Avril.”
“Ma come?”
“Le entità sanno
tutto.” Ci fu un attimo di silenzio. “Ne sei convinto, ora?”
“Diciamo che ti do il beneficio del dubbio.”
“Bene.” Disse a Lex. Poi tornò a rivolgersi ad Avril. “Perché sei
qui?”
“Perché non voglio più
essere invisibile.”
“Che intendi?”
“Io sono
un’entità e per questo sono invisibile, lo so. Ma anche quando non lo ero, io
sono sempre stata invisibile ai suoi occhi.”
“Agli occhi di chi?”
“Di Lionel
Luthor.”
“Spiegati meglio.”
“Io sono
sempre stata innamorata di Lionel. Ma per lui non sono stata altro che un
divertimento.”
“Che cosa sta dicendo?” domandò Clark.
“Dice che conosce il padre di Lex e che per lui è sempre stata invisibile.
Anche quando non lo era.”
“Mi ha usata fino a quando
non gli sono più servita.”
Disse l’entità mentre lacrime scendevano dalle sue guance.
Katy guardò Lex. Poi abbassò lo sguardo.
“Cosa le ha fatto mio padre?” Lex aveva intuito che non doveva essere
stato magnanimo con lei. Non lo era con nessuno.
“Dice che l’ha usata fino a quando gli ha fatto comodo, nonostante
lei ne fosse innamorata.” Spiegò a bassa voce.
“Non faccio fatica a crederlo.” Ammise Lex.
“Che cosa possiamo fare per te?” domandò Katy ad Avril.
“Io non
voglio più essere sola. Amare una persona senza essere ricambiata fa male. E io
voglio vendetta!”
Katy a quelle parole iniziò a preoccuparsi seriamente. Soprattutto
per l’intensità con la quale furono pronunciate.
“La vendetta non è mai una soluzione.”
“Forse. Ma
sono sicura che dopo starei molto meglio di adesso.”
“Io credo piuttosto che staresti peggio.”
“TI SBAGLI!!!”
Le parole furono accompagnate da una fortissima folata di vento
che costrinse Katy ad indietreggiare.
“Calmati.”
“No! Voi non
potete capire. Non sapete quanto si soffra ad amare una persona che nemmeno si
accorge di te.”
“Ti sbagli. Io lo so. Lo so cosa vuol dire.” Disse Katy.
“… SBA…I!!!”
‘Ma che sta succedendo?’ pensò Lex.
“Calmanti.”
“No!… non …
capire. Non sapete… soffra… amare…persona… nemmeno… accorge di te.”
‘Ma di chi è questa voce?’ pensò un sempre più confuso Lex.
L’immagine di una donna piangente al centro della stanza si
materializzò davanti ai suoi occhi, anche se leggermente sfocata.
‘Che sia …?’
“Ti sbagli. Io lo so. Lo so cosa vuol dire.”
“Come puoi saperlo?”
‘Ora la voce è più chiara.’
“Lo so perché anche io provo le stesse cose.”
“Ami un ragazzo che non si
accorge di te?” chiese
un po’ più calma Avril.
“Sì.”
“Allora puoi
capire la mia voglia di vendetta.”
“No, invece. Non la capisco. Per quanto io soffra per
l’indifferenza di chi amo, non potrei sopportare di vederlo soffrire.”
“Perché?”
“Perché quando lo guardo e vedo e sento la sua tristezza io mi
sento a pezzi. E vorrei fare qualunque cosa per farlo sentire più sereno.”
“Ma come puoi sopportarlo?”
“Lo sopporto perché lo amo.”
Avril la guardò negli occhi per un lungo momento.
“Lex è
fortunato.”
Katy arrossì.
“Ti auguro
più fortuna di quella che ho avuto io con suo padre.”
“Dubito di averne.”
“Io non ne sarei così
sicura.” Disse Avril
dopo essersi voltata verso Lex ed essersi accorta che lui la stava fissando
come se la vedesse. “Qualcosa di sicuro
cambierà, ora. Chi può dire se in meglio o in peggio?”
“Non vedo motivi perché ci sia un cambiamento.”
“Ho preso una decisione.” Disse Avril dopo un attimo di silenzio.
“Cioè?”
L’entità si avvicinò a Katy e l’abbracciò. Poi le sussurrò
all’orecchio.
“Per ora me
ne vado. Voglio vedere come andrà a finire. Voglio dare un’altra speranza
all’amore.”
Katy la abbracciò a sua volta. Dopo un paio di secondi, Avril
sparì nel nulla.
Katy rimase un attimo ferma. Poi si voltò verso i due ragazzi.
“Se n’è andata. Ha deciso di perdonare.”
“Lo so.” Disse Lex.
A Katy venne un dubbio.
“Come lo sai?”
“Nell’ultima parte l’ho vista e sentita anch’io.”
“Da quando?” chiese con un tono preoccupato nella voce.
“Da quando ha urlato che ti sbagliavi.”
Katy arrossì. “Oh mio Dio! Io… devo andare. Ciao.”
Così dicendo li
superò e corse fuori di casa Luthor.
Lex la seguì con
lo sguardo.
Mentre si
voltava incrociò gli occhi di Clark.
“Una bella
sorpresa, vero?” disse quest’ultimo.
“L’hai sentita
anche tu?”
“Già. Che pensi
di fare?”
“Niente. Che
cosa dovrei fare, scusa?”
“Non lo so.
Magari parlarle.”
“Non credo che
le farebbe molto piacere in questo momento.”
“Accidenti. Ma
perché? Io non volevo che lo sapesse. Ed ora mi spiego anche la frase di Avril
su un eventuale cambiamento.”
Il giorno
seguente, Katy, Clark, Chloe, Lana e Pete s’incontrarono al Talon, il bar che
frequentavano solitamente. Erano seduti intorno ad un tavolino, su poltrone e
divanetti.
“Si può sapere
cosa è successo ieri?” domandò Chloe che nonostante la paura era sempre
interessata a fatti inspiegabili.
Katy arrossì
involontariamente.
“Nulla.”
“Andiamo i
fenomeni che si sono sviluppati non erano da nulla. Avanti perché non volete
parlare? Sapete che queste cose m’interessano.” Continuò Chloe.
“Beh, per farla
breve un’entità si è manifestata perché voleva vendetta e Katy l’ ha fatta
calmare.” Disse Clark.
“Davvero?”
“E come hai fatto?”
“E’ un po’
complicato da spiegare.”
“Ciao ragazzi.
Di cosa parlate?” Era Lex.
Katy arrossì
ancora di più. Clark li osservò in silenzio.
“Ciao Lex.
Stavamo cercando di farci dire cosa è successo ieri a casa tua.” Rispose Chloe.
“Nulla di grave.
Si è risolto tutto.” Disse sedendosi sul divanetto. Di fianco a Katy.
La ragazza
s’irrigidì sentendolo così vicino.
Lex si mise
comodo e appoggiò un braccio sullo schienale, proprio alle spalle della
ragazza.
Lei non sapeva
che fare. Si sentiva incredibilmente imbarazzata. Anche gli altri lo notarono.
Dopo alcuni
istanti si decise a voltarsi verso Lex. Lui le parve tranquillo come il solito.
Come se non fosse successo niente.
‘Invece, per me,
è successo qualcosa d’importante. Ora lui sa che lo amo. Come può comportarsi
come se niente fosse? Non che mi aspettassi che tutto fosse rose e fiori e di
scoprire che anche lui prova gli stessi sentimenti nei miei riguardi, ma almeno
potrebbe evitare di farmi sentire così imbarazzata. Non gli interesso. O. K..
Questo lo sapevo perfettamente anche prima. Ma possibile che non gli faccia il
minimo effetto conoscere i miei sentimenti?’
Katy non riuscì
più a sopportare la situazione. Si alzò e dicendo che doveva tornare a casa se
ne andò.
Come fu uscita
dal locale Clark chiese a Lex: “Non ti sembra di essere stato crudele nei suoi
confronti?”
“No.”
“No? Ma ti rendi
conto che la tua indifferenza le ha fatto male.”
“E cosa avrei
dovuto fare? Se mi fossi mostrato imbarazzato, o comunque avessi cambiato
atteggiamento nei suoi confronti, magari si sarebbe illusa e dopo avrebbe
sofferto ancora di più.”
Clark non parlò,
perché aveva capito il ragionamento dell’amico e pensava che avesse ragione.
“Scusate? Ma di
che state parlando?” domandò Pete.
“Niente.” Disse
Lex.
In quel momento
suonò il suo cellulare. Si allontanò per rispondere.
“Insomma si può
sapere che è successo?” chiese Chloe.
“Non mi sembra
il caso che sia io a dirvelo. Se vorrà farlo, lo dovrà fare Katy.”
“Io una teoria
ce l’ho.” Disse Lana.
“Cioè?”
“Lex ha saputo
che Katy è innamorata di lui.”
“… In effetti…”
“Accidenti. Mi
dispiace per lei. Credo che ora stia malissimo. Forse dovremmo cercarla e non
lasciarla sola.”
“Credo che in
questo momento, stare sola, sia ciò di cui ha bisogno.”
Lex tornò al
tavolo. Disse che aveva un appuntamento di lavoro, li salutò e se ne andò.
Poco dopo che
Lex lasciò il bar iniziò a piovere a dirotto.
Due ore dopo,
sembrava che quella fosse la versione moderna del diluvio universale.
Lex era nella
sua macchina e stava tornando a casa. Per qualche strana ragione non riusciva a
togliersi dalla mente gli occhi tristi di Katy.
Proprio mentre,
per l’ennesima volta, si diceva che non doveva pensarci, la vide.
Era seduta sul
gradino della pompa di benzina di un distributore. Era bagnata fradicia e si
stringeva le braccia dal freddo.
Lex entrò nel
distributore e scese dalla macchina.
Rimasero a
guardarsi negli occhi alcuni secondi.
Poi Lex si tolse
la giacca e gliela porse.
Lei la indossò
titubante.
“Vieni. Ti
accompagno a casa.”
I due ragazzi
salirono in auto.
Katy abitava
dalla parte opposta della città.
“Hai bisogno di
asciugarti o rischi di prenderti una polmonite. Casa mia è vicina. È meglio se
ci fermiamo prima lì.”
Katy annuì.
Lui prese il suo
cellulare e glielo passò.
“Forse è il caso
che chiami i tuoi genitori per avvisarli che fai tardi.”
“Non ce n’è
bisogno. I miei sono fuori città questa settimana.”
Lex annuì e
rimise a posto il telefonino.
Quando
arrivarono, Lex la condusse al piano superiore, nella sua camera.
Prese
dall’armadio una camicia e un paio di jeans e glieli porse. Lei li prese. Poi
la condusse nel bagno e le diede gli asciugamani.
“Io ti aspetto
di sotto. Ti preparo qualcosa di caldo.”
Mentre stava per
uscire Katy lo chiamò.
“Lex…”
Lui si voltò.
“Grazie.”
Lex annuì ed
uscì.
Katy si fece una
doccia bollente. A poco a poco riusciva a risentire il suo corpo, fino a pochi
minuti prima totalmente intirizzito.
Poco dopo si
stava vestendo. Indossò la camicia di Lex. Mentre la indossava poteva quasi
sentire il suo odore.
Andò in camera
con solo la camicia addosso.
Si sedette sul
letto. Si sdraiò, con l’intenzione di rialzarsi dopo pochi minuti, ma, si
addormentò.
Lex non
vedendola scendere, salì in camera.
La vide sdraiata
sul letto addormentata.
Le si avvicinò.
Provò a chiamarla, ma non ottenendo che mugugni per risposta la coprì con una
coperta e rimase alcuni istanti a guardarla.
Mentre stava per
andarsene si accorse che il sonno di Katy si fece agitato.
“No… vi prego…
non voglio… basta… lasciatemi in pace…”
Guardandola
meglio si accorse anche che stava piangendo.
Le si avvicinò e
provò di nuovo a svegliarla. Ma lei continuò a dormire e a sognare.
“Lex… aiutami…”
pronunciò nel sonno.
Lex le accarezzò
il viso e le mormorò: “Sono qui, Katy. Sono qui con te.”
Katy sembrò
tranquillizzarsi un po’.
Lex non sapeva
se tornare al piano di sotto o rimanere vicino a Katy che avrebbe potuto avere
ancora bisogno di lui. Tenendo conto del fatto che lei non sembrava totalmente
tranquillizzata, preferì rimanere con lei.
Fece il giro del
letto e si sdraiò anche lui. L’appuntamento di lavoro l’aveva alquanto
stancato.
Si sdraiò supino
con le braccia incrociate sotto la testa. Katy si mosse nel sonno, ancora
agitata.
Il ragazzo volse
la testa verso di lei. “Che cosa ti è successo?” sussurrò sapendo che,
comunque, non avrebbe avuto risposta.
Lei continuò ad
agitarsi.
Lui si girò sul
fianco e le carezzò il viso come poco prima.
Lei si mosse
ancora, ma stavolta sembrava più calma. Si avvicinò a lui e gli si accoccolò
contro.
Lex rimase un
attimo immobile. Poi mettendo meglio il braccio sotto la testa di Katy l’attirò
a sé.
Alcuni minuti
dopo erano entrambi addormentati.
Ore 7:00 del
giorno successivo.
Qualcuno stava
bussando alla porta.
“Chi è?” domandò
Lex, nel dormiveglia.
“Sono Stephanie,
signore. Mi aveva detto di svegliarla alle 7 questa mattina.” Disse la
governante.
“Ah sì. Grazie.”
Mentre parlava,
Katy si svegliò e si guardarono negli occhi.
“Le preparo la
colazione, signore?” chiese la governante.
“Sì, grazie. Per
due.”
“Come desidera.”
Detto questo Stephanie si allontanò.
“Buongiorno.”
Disse Lex.
“Buongiorno.”
Rispose Katy.
Solo in quel
momento si accorse che erano abbracciati e si allontanò.
“Scusa, ieri
sera dopo aver fatto la doccia mi sono sdraiata un attimo con l’intenzione di
rilassarmi per pochi minuti, ma alla fine mi sono addormentata.”
“Tranquilla. Va
pure per prima in bagno.”
Mentre si
alzavano Katy si accorse di indossare solo la camicia.
Lex intuì il suo
imbarazzo e si girò dall’altra parte. Lei si chiuse in bagno.
Si lavò e
indossò i suoi vestiti che aveva messo ad asciugare sul calorifero. Quando fu
pronta uscì.
Lex la guardò.
“E’ meglio che
ti presti qualcosa di mio.” Disse notando che la camicia e il maglione di Katy
erano sgualciti e macchiati di terra.
Lei lo
ringraziò. Lui prese dall’armadio un’altra sua camicia e un golf e glieli
porse.
“Cambiati pure
qui. Io vado in bagno.”
Un quarto d’ora
dopo erano seduti in salotto a fare colazione.
Ad un certo
punto Lex le fece una domanda.
“Sbaglio o
stanotte hai avuto un incubo?”
Katy s’irrigidì.
Lui lo notò ma fece finta di niente.
“Perché?”
“Perché eri
agitata.”
“Ho fatto
qualcosa di particolare?”
“Hai pianto e
hai detto qualcosa.”
Lei sembrava
sempre più sulle spine.
“Che cosa ho
detto?”
“Non lo so. Non
sono riuscito a sentire.” Mentì Lex.
Lei tirò un sospiro
di sollievo che non sfuggì al ragazzo.
“Non ricordo
cosa ho sognato. Sarà stato un normalissimo incubo.” Disse decisamente più
tranquilla.
“Già.”
Verso le 8:00
finirono di fare colazione.
Katy notò l’ora.
“Accidenti! Farò
tardi a scuola!”
“Posso accompagnarti
io.”
“Davvero? Mi
salvi la vita.”
“Andiamo?”
“Sì. Grazie.”
“Prego.”
I due ragazzi
uscirono da casa e una decina di minuti dopo erano arrivati a scuola.
Katy notò che
molti li stavano guardando. Tutti conoscevano Lex e il fatto di vederlo lì di mattina
presto, mentre accompagnava una ragazza diede adito a molti pettegolezzi.
Quando l’auto si
fermò, Katy ringraziò Lex.
Nel frattempo
Clark, che li aveva visti, si avvicinò loro.
“Ciao ragazzi.”
“Ciao Clark.”
“Come mai da
queste parti?” domandò il ragazzo a Lex.
“Ho accompagnato
Katy.”
“Ma davvero?”
“Già. Ora
scusatemi ma ho un appuntamento di lavoro.”
Katy e Clark lo
salutarono e lui si allontanò.
Quando rimasero
soli, Katy si diresse subito verso l’entrata della scuola. Clark la raggiunse.
“Ci sono forse
novità?”
“No.”
“E allora come
mai ti ha accompagnato?”
“Ci siamo
incontrati per caso.”
“Dove?”
“Qui vicino.”
“Siamo sicuri?”
“Clark! Vedi di
piantarla!”
“Come siamo
suscettibili.”
Lei lo fulminò
con lo sguardo.
“O. K., O. K. la
pianto.”
“Grazie.”
Entrarono in
classe e il discorso fu interrotto.
Quel pomeriggio
al bar c’era tutto il gruppetto al completo.
Ad un certo
punto Katy si allontanò per telefonare ai suoi genitori.
Nel frattempo
arrivò Lex.
“Ciao ragazzi.”
“Ciao Lex.”
“Di cosa stavate
parlando? Mi è sembrato di interrompere qualcosa.”
“Stavamo
cercando una soluzione ad un problema.”
“Che problema?”
“Domani è il
compleanno di Katy e vorremmo farle una festa a sorpresa. Il punto è che non
abbiamo idea di dove farla.” Gli spiegò Lana.
“Problema risolto.
Potete farla a casa mia.”
“Davvero?”
“Certo.”
“Fantastico!
Anche questo allora è risolto.” Disse Chloe.
“Ora dobbiamo
soltanto inventarci un pretesto per tenere occupata Katy mentre noi pensiamo
agli addobbi.” Fu il commento di Pete.
“Volendo posso pensare
io anche a questo.” Si offrì Lex.
“Non ti crea
problemi?” domandò Clark.
“Se non mi
distruggete casa, no.” Rispose il ragazzo sorridendo.
“Affare fatto.”
Quella sera, ore
21:00.
Il campanello di
casa Luthor suonò.
Stephanie andò
ad aprire.
“Buonasera.
Desidera?” chiese all’ospite.
“Buonasera. Sono
venuta a riportare queste cose al sig. Luthor.”
“Un attimo che
glielo vado a chiamare.”
“Non si
preoccupi. Non lo disturbi. Posso lasciare a lei…”
“Chi è
Stephanie?” chiese Lex scendendo le scale.
“La sua amica.”
Rispose la governante.
Lex la vide.
“Ciao Katy.”
“Ciao Lex.”
“Può andare.”
Disse alla governante. Poi si rivolse a Katy. “Come mai da queste parti?”
“Sono venuta a
riportarti la tua camicia e il tuo golf. Lavati e stirati.” Disse porgendogli
un sacchetto.”
“Potevi darmeli
con calma.”
“Lo so. Ma
dovevo andare da Clark. Così ho pensato di fare un salto qui, dopo.”
“Beh, grazie.”
Rimasero in
silenzio a guardarsi.
“Hai già
cenato?”
“Non ancora.”
“Io stavo per
cenare adesso. Mi fai compagnia?”
“Non disturbo?”
“Figurati.
Almeno mi eviti di cenare da solo.”
“Allora
accetto.” Disse Katy sorridente.
I due ragazzi
cenarono, chiacchierando tranquillamente.
Si sentivano
entrambi rilassati. Finita la cena si spostarono in soggiorno e si sedettero
sul divano.
“E così ti
piacciono i gatti.” Stava dicendo Lex.
“Li adoro.”
“E come mai non
ne hai?”
“Perché mia
sorella è allergica.”
“Ma, se non
sbaglio, ora tua sorella si è sposata e non vive più con voi.”
“Infatti. Sto
cercando in tutti i modi di convincere i miei.”
In quel momento
squillò il cellulare di Katy.
“Pronto?”
<<Ciao
Katy.>>
“Ciao mamma.”
<<Coma mai
non rispondi al telefono di casa?>>
“Perché non sono
a casa. Sono da amici.”
<<Capisco.
Ti ho chiamato per dirti che sei diventata zia. La tua nipotina Dalila è appena
nata.>>
“Davvero?”
<<Sì, una
bella bimba di 2.700 Kg.>>
“Fantastico!”
<<Già. Ora
devo andare, però. Non posso stare troppo al cellulare in ospedale.>>
“Sì, capisco. Mi
raccomando, dai un abbraccione ai neo genitori e alla bimba.”
<<Certo.
Ciao.>>
“Ciao.”
Katy chiuse la
comunicazione e si girò verso Lex.
“Che succede?”
le domandò il ragazzo.
“Sono diventata
zia.” Disse con calma.
“Sono diventata
zia!!!” Ripeté tutta esaltata iniziando ad assorbire la notizia.
In preda
all’euforia gli buttò le braccia al collo.
Lui dopo un
attimo d’esitazione ricambiò l’abbraccio.
“Auguri zietta.”
Gli sussurrò a pochi millimetri dall’orecchio.
“Grazie.”
Rispose lei emozionata. Per il fatto d’essere zia, ma soprattutto per la
vicinanza di Lex.
Poco dopo si
separarono.
Katy notò che si
erano fatte le 2:00.
“Forse è meglio
che vada.”
“Puoi anche
rimanere qui a dormire.”
Lei s’imbarazzò
al ricordo della notte precedente. Lui indovinò i suoi pensieri.
“La stanza degli
ospiti è molto comoda.” Aggiunse.
Lei non sapeva
che fare.
“Se decidi di
andare a casa, mi tocca uscire per accompagnarti.”
“Posso tornare
da sola.” Gli fece notare lei.
“Non faccio
andare in giro di notte da sola una ragazza.”
“Allora
accetto.”
“Bene.”
Si sorrisero.
Lex la condusse
al piano superiore e le mostrò la sua stanza per quella notte.
Come la sera
prima, le prestò una sua camicia da usare a mo’ di pigiama.
Una mezz’oretta
dopo, erano entrambi nei loro letti.
Katy si addormentò quasi subito. Ma il suo sonno fu agitato.
Verso le 3:30
Lex si svegliò.
Non riuscendo a
riprendere sonno decise di andare al piano inferiore per controllare un
documento sul suo computer.
Quando arrivò al
pianterreno si accorse che la luce della cucina era accesa.
Pensando che
fosse una dimenticanza di Stephanie, vi si diresse per spegnerla.
A pochi passi
dalla porta sentì la voce di Katy.
Si fermò ad
ascoltare.
“Non può
succedere tutte le notti!… Non posso continuare così!… Sono a pezzi!… Soltanto
ieri sera ci sono riuscita… Andando avanti così impazzirò!… Non voglio più
sentirvi!… Andatevene!… Lasciatemi in pace!… Andate a tormentare qualcun
altro!” La sua voce era rotta. Sembrava stesse trattenendo a fatica il pianto.
“Ma che
succede?” domandò Lex entrando.
Lei si voltò
sorpresa verso di lui, cosicché Lex poté notare le lacrime.
“Ma tu piangi.”
Disse avvicinandolesi.
Lei si voltò e
si asciugò in fretta le lacrime.
“Ti sbagli. Mi
bruciano soltanto un po’ gli occhi.”
“Come no. Ma che
cosa significa quello che ho sentito?”
Lei trasalì.
“Non so di cosa
parli.”
“Ma davvero? Che
cosa ti succede tutte le notti? Cos’é che sei riuscita a fare ieri sera? Chi è
che non vuoi più sentire? Chi ti deve lasciare in pace?”
“Io…”
“Parlamene.
Forse posso aiutarti.” Il suo tono era dolce.
Katy sentì
addosso il peso del suo dolore e, sedendosi su una sedia, decise di parlare.
“Qualche giorno
fa ti ho detto che sono in grado di percepire il cuore della gente e le sue
manifestazioni. Ricordi?”
“Sì.” Disse lui
sedendolesi di fronte.
“In linea di
massima, sono io che decido quando usare la mia capacità. Soltanto se qualcuno,
fisicamente in contatto con me o vicino a me, prova un sentimento molto, molto
forte, questi arrivano a me anche se io non voglio. Però accade molto
raramente. Questo succede durante il giorno. Di notte il discorso cambia
completamente. La notte, sia che io voglia o non voglia, i sentimenti degli
altri mi arrivano chiari e forti. Anche se le persone che li provano sono in
strada o in altri palazzi. È questo che mi tormenta.”
“Sono sentimenti
angosciosi?”
“No, non sempre.
Sono molto più frequenti i sentimenti di felicità.”
“Non dovresti
esserne felice, allora?”
“Tu saresti
felice se notte dopo notte, per anni, continuassi a svegliarti sentendo un
sentimento di felicità che non è tuo? È come se avessi di fianco a te una
persona che continua a dirti ‘Che bello! Come sono felice! Che bello!’.
All’inizio è anche una cosa simpatica, ma a furia di sentirla inizia a darti
fastidio. Soprattutto quando ti accorgi che senti i sentimenti di tutti, ma che
tu, in prima persona, non ne provi quasi nessuno. Rispetto a te stesso diventi
apatico.”
“Già, in
effetti, non deve essere molto piacevole.”
Lei fece un
sorriso stanco.
Lui sembrò
riflettere su qualcosa e le chiese: “Ma che significava che solo ieri ci sei
riuscita? A fare cosa?”
Lei arrossì e si
massaggiò con un dito dietro il lobo destro.
Lex notò il
gesto e capì che era imbarazzata. Aveva notato che si massaggiava in quel modo
quando era imbarazzata.
“Il fatto è che
ieri notte, per la prima volta dopo tanto tempo, sono finalmente riuscita a
dormire. E senza sentire i pensieri di nessuno. Il che è anche strano visto che
abbiamo dormito abbracciati. Avrei dovuto sentire il tuo cuore. Invece non ho
sentito nulla. Soltanto una grande serenità. E dopo tanto tempo ho provato
finalmente un sentimento mio.”
“Vuoi dire che
ogni notte non riesci a dormire tranquillamente?”
“Infatti.”
“E come mai ieri
sera ci sei riuscita?”
Lei era sempre
più imbarazzata.
“Una teoria ce
l’avrei.”
“Cioè?”
“Beh… ecco…
E-Eri tu.”
“Io?”
“Sì. Avevo te
vicino. Per questo sono riuscita a dormire tranquillamente. Quando sono con te
mi sento sempre calma e riesco ad attutire la percezione dei sentimenti degli
altri. È così che ho capito quello che provo per te.”
Non dissero più
nulla per un paio di minuti. Poi Lex, visto che non avevano sonno, propose di
spostarsi in salotto dove sarebbero stati più comodi.
Verso le 5:00
iniziarono a sentire sonno. Così salirono al piano di sopra.
La stanza di
Katy era la prima del corridoio. Lei si fermò e la guardò leggermente
sconsolata. Stava per aprirla quando Lex le parlò.
“Se torni in
camera riuscirai a dormire?”
“Ne dubito.”
“E se dormi con
me?”
“Come?” chiese
imbarazzata.
“Intendo solo
dormire. Saperti in camera tua sveglia non è che mi concilierebbe molto il
sonno.”
Lei sorrise
arrossendo e lo seguì in camera sua.
Si misero a
letto.
“Puoi metterti
comoda. Anche come stamattina se vuoi.” Disse Lex, notando che rimaneva sul
bordo del letto.
Lei esitò solo
alcuni istanti, poi si avvicinò. Lui le passò un braccio sotto la testa. Katy
gli si accoccolò di fianco.
“Lex…” lo chiamò
a bassa voce.
“Sì?”
“Grazie.”
Lui piegò il
braccio sul quale c’era la testa di Katy e le carezzò i capelli. “Figurati.”
“Buonanotte.”
“Buonanotte.”
Quella notte
Katy si addormentò con il sorriso sulle labbra e il cuore che batteva forte per
l’emozione più vera e personale che avesse mai provato. L’amore per Lex.
Si svegliarono
che era ora di pranzo.
Mentre erano a
tavola, Lex le domandò se avesse progetti per il pomeriggio.
“Non ho nulla da
fare. Perché?”
“Avrei bisogno
di un consiglio e penso che tu sia la persona più adatta.”
“Che tipo di
consiglio?” domandò curiosa.
“Tra poco è il
compleanno di mia cugina. Ha più o meno la tua età e ti assomiglia molto
caratterialmente. Dato che non saprei cosa regalarle, pensavo che, forse, tu
potevi aiutarmi. Che ne dici?”
“Volentieri.”
Finirono di
pranzare ed uscirono diretti al centro commerciale.
“Hai almeno una
vaga idea sul tipo di regalo che vorresti farle?”
“In verità no.
Pensavo che potremmo girare per i vari negozi. Quando vedi qualcosa che attira
la tua attenzione, dimmelo.”
“Va bene.”
Stavano girando
da un paio d’ore, quando l’attenzione di Katy fu attirata da una vetrina.
Lex lo notò.
“Che cosa hai
visto?”
“La vetrina
della gioielleria.”
“Ti piacciono i
gioielli?”
“Credo sia
abbastanza difficile trovare una ragazza a cui non piacciono.” Disse
sorridendo.
Si avvicinarono
alla vetrina.
“C’è qualcosa in
particolare che ti attira?”
“Beh, sì. Quel
bracciale d’argento. Quello con vari filamenti e al centro la ruota.”
“Sì. È carino.”
“Pensi che vada
bene per tua cugina?”
‘Sbaglio o c’è
una nota di tristezza nella sua voce?’ pensò Lex.
“Potrebbe essere
un’idea. Facciamo ancora un giro?”
“Certo.”
Passarono
un’altra oretta al centro commerciale.
Ad un certo
punto, Lex le chiese di aspettarlo e si allontanò. Tornò dopo pochi minuti.
Uscirono dal
centro commerciale e si diressero alla macchina.
Lex notò che era
ancora presto per tornare a casa. Aveva appuntamento alle 18 con gli altri
ragazzi ed erano soltanto le 16:30.
“Che cosa vuoi
fare?” le chiese.
“Non saprei. Non
ti sei ancora stufato di avermi tra i piedi?” chiese sorridendo.
“No. E tu sei
stufa di me?” disse anche lui sorridendo.
“Dubito di
poterlo mai essere.” Subito dopo aver pronunciato queste parole si volse verso
il finestrino imbarazzata.
“Ti va di andare
al solito bar a bere qualcosa?”
“Certo.”
Passarono il
resto del tempo al bar.
Alle 18 in punto
arrivarono a casa Luthor. Lex aveva fatto finta di ricordarsi improvvisamente
di dover tornare a casa sua a prendere dei documenti.
Tutto era buio e
le tende erano tirate.
Lui la fece
accomodare.
Entrarono nel
salotto e, come le luci furono accese, i loro amici esclamarono un “AUGURI!!!”
facendo spaventare Katy che proprio non se lo aspettava.
“Ragazzi… Ma
cosa…?”
“Credevi davvero
che ci saremmo dimenticati del tuo compleanno?” le chiese Lana.
“Volevamo farti
una sorpresa e direi che ci siamo riusciti.” Aggiunse Chloe.
“Ragazzi,
grazie.”
Katy si divertì
molto. Quel giorno, ne era certa, l’avrebbe ricordato come uno dei più belli
della sua vita.
Ad un certo
punto, però, ebbe bisogno di stare un po’ da sola.
I sentimenti dei
suoi amici, stavano iniziando a stordirla. Aveva bisogno di allontanarsi.
Si rifugiò nello
studio di Lex.
“Non ti stai
divertendo?” le chiese Lex alle sue spalle.
“Lex! Mi hai spaventata.
Non ti avevo visto.”
“Scusa.”
“Comunque sia,
non è che non mi sto divertendo. Tutt’altro. Però avevo bisogno di staccare un
attimo la spina. Stavo per avere un sovraccarico d’emozioni.” Disse sorridendo.
Lui capì il
significato delle sue parole. “Hai bisogno di restare sola?”
“Già.” Poi
pentendosi aggiunse. “Beh, anche non proprio sola.”
Lui le sorrise e
le fece cenno di sedersi sul divano.
“Fammi capire
una cosa, Lex. Era organizzato il fatto che tu mi tenessi occupata per tutto il
pomeriggio, vero?”
“Lo ammetto.”
“Capisco.” Lei
parve leggermente delusa.
“Ma questo non
significa che la cosa non mi abbia fatto piacere.” Aggiunse Lex.
Katy sorrise.
Il ragazzo si
avvicinò alla sua scrivania e prese, da un cassetto, qualcosa che porse a Katy.
“Che cos’è?”
“Aprilo.”
La ragazza,
impaziente, eseguì.
Trattenne il
fiato quando vide il contenuto e alzò lo sguardo su Lex.
“Ma…” non riuscì
a dire altro. Tra le mani aveva il braccialetto che avevano visto quel
pomeriggio.
“Ti piace?”
“Certo che mi
piace, lo sai benissimo. Ma non dovevamo cercare qualcosa per tua cugina,
oggi?”
“Io non ho
cugine.” Asserì tranquillo Lex.
Lei tornò a
guardare il braccialetto con un sorriso sulle labbra.
“Buon
compleanno, Katy.” Sussurrò Lex.
“Grazie.” Gli
rispose. Poi porgendogli il bracciale, gli chiese di metterglielo.
Lui lo fece.
Quando finì,
alzò lo sguardo su Katy tenendo ancora il suo polso tra le mani.
Rimasero a
fissarsi per alcuni istanti.
Lentamente si
avvicinarono l’uno all’altra.
Il cuore di Katy
batteva ad un ritmo sfrenato. Dopo tanto tempo, finalmente, stava per
realizzare il suo più grande desiderio. Baciare il ragazzo del quale era
innamorata.
Quando erano
ormai a pochi millimetri di distanza, qualcuno aprì la porta guastando
l’atmosfera.
Lex e Katy si
allontanarono di scatto.
Era Pete.
“Eccoti! Ti
stanno cercando tutti. Devi spegnere le candeline.” Notando il clima di
tensione che si era venuto a creare, aggiunse: “Ho forse interrotto qualcosa?”
Lex disse solo
che doveva fare una telefonata ed uscì dallo studio.
Pete si avvicinò
a Katy.
“Ehi, ma che
succede?”
‘Succede che se
potessi ti strangolerei.’ Pensò Katy. “Niente.” Disse. ‘Per colpa tua.’
Aggiunse mentalmente.
Tornarono nel
salone principale e Katy spense le candeline. Mentre spegneva le candeline
espresse il suo desiderio. ‘Che ciò che è stato interrotto nello studio possa
essere portato a termine.’
Purtroppo, per
tutto il resto della sera, Lex non si fece quasi vedere. A Katy sembrava che
stesse cercando di evitarla.
Verso le 2 di notte, la festa finì. Withney Fordman, che abitava
abbastanza vicino a Katy, la accompagnò a casa.
Due settimane
dopo.
Dalla sera della
festa, Lex e Katy non si erano quasi visti.
Ora Katy aveva
la certezza che lui la stesse evitando.
Un giorno,
mentre il gruppo d’amici era al solito bar, arrivò Lex.
Si accomodò
tranquillamente.
Ad un certo
punto, Pete fece un commento su una ragazza che era entrata.
“Accidenti. Ma è
uno schianto!”
Katy la osservò.
“A me non piace.” Affermò.
“Come fai a
dirlo? È bellissima.” Disse Withney, beccandosi un’occhiataccia da Lana.
“Non lo so. È
una cosa a pelle.”
La ragazza in
questione si guardò un attimo in giro. Poi si diresse al loro tavolo.
“Oh mamma! Sta
venendo qua.” Disse Pete elettrizzato.
Quando fu a
pochi passi, Lex si alzò in piedi.
“Ciao Victoria.”
Disse sorridendo.
“Ciao tesoro.”
Rispose la ragazza.
Dopodiché si
baciarono.
A Katy per un
attimo si fermò il cuore. Ora capiva perché quella ragazza non le piaceva.
Finito il bacio
Lex si volse verso i suoi amici e fece le presentazioni.
“Victoria ti
presento Clark, Chloe, Lana, Withney, Pete…” ognuno, al proprio nome, fece un
cenno di saluto. “…e…” guardo Katy negli occhi. Lei, prima che potesse finire
la frase, si alzò e se ne andò senza dire una parola. “…quella era Katy.” Finì
Lex, seguendo la ragazza con lo sguardo finché non uscì dal locale.
Lex e Victoria
si accomodarono. Gli altri non sapevano che fare. Soprattutto Lana e Chloe che,
alla fine, decisero di alzarsi e se ne andarono, raggiungendo Katy.
“Ti senti meglio
adesso?” domandò Clark a Lex.
Lui rispose dopo
un attimo d’esitazione. “Ho fatto ciò che andava fatto.”
Clark scosse la
testa, ma non disse altro al riguardo.
Poco lontano
Lana e Chloe stavano cercando di consolare l’amica.
“Possiamo fare
qualcosa, Katy?” domandò Chloe.
“Ragazze, tranquille.
Sto bene. Certo non mi aspettavo di vederlo baciare una ragazza così
all’improvviso, però sapevo già che tra me e lui non ci sarebbe potuto essere
niente. Perciò ero già rassegnata. Sono scappata solo per la sorpresa.”
“Sei sicura di
stare bene?”
“Sì. Davvero.
Non preoccupatevi. Ora scusatemi ma devo andare a casa. I miei arrivano domani
e devo mettere in ordine.”
“Se vuoi
possiamo aiutarti.”
“NO!” disse. Poi
accortasi di essere stata scontrosa aggiunse: “No, grazie. Scusatemi. Ma
davvero sto bene. Non c’è bisogno che mi trattiate con i guanti bianchi.
Trattatemi normalmente. Sono la stessa di sempre. Per cui posso anche mettere a
posto da sola. Ciao.” Detto ciò si diresse a casa sua.
Un paio d’ore
dopo, casa Delawee sembrava vuota. Se non fosse per quei singhiozzi sfuggiti al
controllo della persona che li faceva. Ma questo non poteva saperlo nessuno.
Eccetto un’entità che, già da tempo, osservava tutto.
Il giorno dopo
Katy andò a scuola come al solito. Cercò di comportarsi normalmente. Le sue due
amiche, però, avevano capito che stava male per ciò che era accaduto il giorno
prima. Ma come Katy aveva chiesto, non dissero niente e la lasciarono
tranquilla.
Durante la pausa
pranzo le tre ragazze si stavano dirigendo verso la mensa.
Trovarono i ragazzi
seduti al solito tavolo e li raggiunsero. Quando erano quasi arrivate, un
ragazzo si scontrò con Katy.
Katy
istintivamente si allontanò subito. Sapeva che un contatto del genere le
avrebbe fatto sentire i sentimenti del ragazzo.
Si stupì non
poco, quindi, quando si rese conto che non sentiva assolutamente niente.
Non riusciva a
capire che cosa fosse successo.
Per pura prova,
posò una mano sulla spalla di Chloe che era vicino a lei.
Niente. Non
sentiva niente. Nemmeno se si concentrava.
Per alcuni istanti
non seppe se essere felice o triste. Poi pensò che in fondo era ciò che aveva
sempre voluto e la felicità ebbe il sopravvento.
Questo fatto
riuscì a farle dimenticare per un po’ di tempo l’immagine di Lex mentre baciava
Victoria.
Passarono un
paio di settimane da quando Katy aveva scoperto di non avere più il suo potere.
In quel lasso di
tempo aveva incontrato alcune volte Lex. Ed ogni volta c’era con lui Victoria.
Ormai quando li
vedeva, faceva finta di niente, anche se dentro di sé si sentiva morire.
Quel giorno
però, sul suo volto si poteva leggere una grande felicità. Anche i suoi amici
lo notarono. Erano al bar quando gliene chiesero il motivo. C’erano anche Lex e
Victoria.
“Non c’è un
motivo particolare solo…” si interruppe quando la porta del bar si aprì ed
entrò un ragazzo che la vide subito e si diresse verso di lei.
“Ciao Katy! È
una vita che non ci vediamo!”
“Ciao Anthony!
Mi sei mancato tanto!” Disse alzandosi e abbracciandolo.
Rimasero stretti
l’una all’altro per alcuni istanti poi si allontanarono. Come fosse un gesto
abituale, le loro mani si intrecciarono.
“Anthony, ti
presento i miei amici: Chloe, Lana, Withney, Clark, Pete, Victoria e Lex.”
Quest'ultimo
guardò Anthony con uno strano sguardo. Katy lo notò.
‘Sembra quasi lo
guardi con astio. Probabilmente mi sbaglio. Non credo proprio che si
conoscano.’ Pensò la ragazza.
Come per dar
voce ai dubbi di Katy, Lex le disse, guardandola negli occhi: “Non sapevo che
avessi il ragazzo.”
Lei sostenne il
suo sguardo e rispose: “A quanto pare non sono l’unica a non conoscere la vita
sentimentale degli altri.”
Rimasero a
fissarsi negli occhi ancora per alcuni istanti. Poi Katy si volse verso Anthony
e sorridendo gli propose di andare a fare un giro.
Lui accettò
entusiasta.
“Da quando in
qua sono diventato il tuo ragazzo? Non che la cosa mi infastidisca, lo sai
bene.” Disse Anthony fuori dal bar.
“Scusami, ma…”
Katy sapeva bene che lui era innamorato di lei. Per un certo periodo erano
anche stati insieme. Ma la cosa non aveva funzionato. Erano rimasti comunque
amici. Anche dopo che lei si era trasferita a Smallville con la famiglia.
“Non
preoccuparti. Piuttosto sono curioso di sapere cosa rappresenta per te quel
ragazzo. Lex.”
Lei non rispose.
Continuò a camminare a testa bassa.
“Ne sei
innamorata?” le domandò in tono serio.
“Sì. Mi
dispiace.”
“Anche a me
dispiace. Però non ci posso fare nulla. La tipa seduta di fianco a lui è la sua
ragazza?”
“Già.”
Sentendo il
dolore di Katy in quell’unica parola, Anthony volle cercare di confortarla e le
mise un braccio intorno alla spalle.
“Se vuoi
parlarne, io sono qui. Come ai vecchi tempi.”
“Se lo facessi
mi sentirei in colpa con te.”
“Non devi. Sono
io ad offrirmi per ascoltarti.”
Katy aveva un
immenso bisogno di sfogarsi, perciò gli raccontò tutto. Tra l’altro Anthony era
uno dei pochi a conoscenza del suo potere.
Quella sera Katy
e Anthony aveva appuntamento davanti al cinema.
Mentre la
ragazza aspettava l’amico, si trovò davanti Lex.
“Ciao.” La
salutò il ragazzo.
“Ciao.” Rispose
lei stupita di vederlo.
“Come mai da
queste parti? Hai un appuntamento con il tuo ragazzo?”
“Già. E tu?”
“Devo vedermi
con Victoria.”
“Non ti
trattengo.”
Parlavano stando
uno di fianco all’altra, senza guardarsi in faccia. Eccetto che per brevi
occhiate.
“Veramente
abbiamo appuntamento qui.”
‘Ma guarda te se
con tutti i posti che ci sono in città, proprio qui davanti dovevano
incontrarsi.’ Pensò Katy.
Rimasero un paio
di minuti in silenzio.
Nel frattempo il
film stava quasi per iniziare e la sala doveva essere praticamente piena a
giudicare dalle persone che compravano il biglietto.
Poco dopo arrivò
Anthony.
Nello stesso
momento in cui il ragazzo si fermava di fronte a Katy, ansimante per la corsa
appena fatta, una Ferrari rossa si fermò davanti al gruppetto. Ne scese
Victoria.
I quattro ragazzi
si salutarono e si diressero a comperare i biglietti.
“Anche voi a
vedere questo film?” chiese Victoria.
“Sì. Che
coincidenza.” Rispose Anthony.
Presero i
biglietti ed entrarono in sala.
Come previsto la
sala era piena.
I quattro
ragazzi cercarono i posti per sedersi e scoprirono d’essere vicini.
‘Avrei dovuto
immaginarlo. Abbiamo preso i biglietti uno dopo l’altro, è ovvio che segnassero
posti adiacenti.’
L’ordine in cui
si sedettero fu Victoria, Lex, Katy e Anthony.
‘Magnifico, pure
seduta vicino a lui dovevo capitare…’
“Vuoi fare
cambio?” le domandò Anthony in un sussurro, notando il suo turbamento.
“No, non fa
niente.”
Il film iniziò.
Era un film
d’amore. Con una trama abbastanza banale. Lui che ama lei, ma sta con un’altra
e lei che ama lui, ma sta con un altro.
In una scena
d’amore tra i due protagonisti, Katy non riuscì ad impedirsi di guardare Lex.
Si stupì non
poco quando si accorse che anche lui la stava fissando. Aveva una strana
espressione negli occhi. O molto più probabilmente, era la poca luce a darle
quest’impressione.
Victoria si
accorse dell’atmosfera che si stava creando tra Lex e Katy. Cercò quindi di
attirare l’attenzione del suo ragazzo chiamandolo e prendendolo per mano.
Subito dopo gli bisbigliò qualcosa all’orecchio.
Mentre parlava
Katy si girò verso lo schermo e non si accorse dell’occhiata al vetriolo che
Victoria le scoccò.
Il film finì con
il classico lieto fine. Come si accesero le luci, Katy si alzò in piedi e si
infilò la giacca, intenzionata ad andarsene il più in fretta possibile.
Ma Victoria la
bloccò.
“Che ve n’è
parso del film?” la domanda era rivolta sia a Katy sia ad Anthony, ma lei
fissava negli occhi soltanto Katy.
“Carino.”
Rispose la ragazza con tono piatto.
“Hai ragione
anche a me è piaciuto. Secondo te, Lex, avremo anche noi un finale come nel
film?” domandò Victoria.
Lui non ebbe il
tempo di rispondere perché fu Katy a parlare.
“Certi finali si
hanno solo nei film.” Detto questo si girò e con Anthony uscì dal cinema.
“Tutto bene?” le
chiese il ragazzo non appena furono usciti.
“No per niente.”
Rispose.
Anthony notò le
lacrime trattenute a stento.
L’abbracciò e le
disse di lasciarsi andare e di sfogarsi. Lei lo fece.
In quel momento
uscirono dal cinema anche Victoria e Lex. Quest’ultimo si guardò in giro e li
vide teneramente abbracciati. Distolse lo sguardo e si diresse verso l’auto di
Victoria.
Quella sera a
casa Luthor.
Lex era davanti
al suo computer.
“Tesoro, che ne
dici di venire a letto?” gli chiese Victoria abbracciandolo dalle spalle e
facendo scorrere le sue mani sul petto del ragazzo iniziando a sbottonargli la
camicia.
“Sto lavorando.”
Gli disse lui scostando da sé le sue mani.
“E’ da quando
sono arrivata che hai la scusa pronta per non restare da solo con me in camera
da letto.” Il tono di Victoria era infastidito.
Lui non disse
niente continuando a fissare il monitor del computer.
“E’ a causa di
quella ragazzina?”
“Quale
ragazzina?” chiese con tono indifferente.
“Quella Katy.”
“Non so di cosa
parli.” Asserì tranquillo.
“Lo sai
benissimo. Ho visto come la guardavi al cinema durante quella scena d’amore.”
“Victoria, sono
occupato. Delle tue gelosie parleremo un’altra volta.”
“Potrebbe non
esserci un’altra volta.”
“Che intendi?”
chiese con tono stanco.
“Che se continui
così, potrei decidere di tornare a Metropolis.”
Lui la fissò un
attimo e disse: “Non fare la santarellina. Piuttosto che mi dici di queste?”
Le mostrò un
plico contenente delle foto che la raffiguravano in atteggiamenti intimi con
Lionel Luthor.
Si guardarono.
“Non sbattere la
porta quando esci.” Disse Lex tornando a lavorare.
Victoria lo
fissò alcuni istanti. Lui se ne accorse e come niente fosse le chiese: “Sei
ancora qui?”
“Dove le hai
prese?”
“Non ci
crederesti.”
“Prova a
dirmelo.”
“Le ha
commissionate mio padre. Un gesto gentile, vero? Si è divertito con te, come tu
ti sei divertita a prendermi in giro.”
“Che stai
dicendo?”
“Andiamo
Victoria. Sappiamo entrambi che tu sei venuta qua a Smallville nella speranza
di scoprire qualcosa che aiutasse tuo padre ad uscire dai guai. Non hai avuto
fortuna. Tutto qui. Ed ora se non ti dispiace vorrei continuare a lavorare.”
“Sei un verme
schifoso… un farabutto… un…” il suo tono era a dir poco adirato.
Lex la
interruppe.
“Di chi stai
parlando? Di me o di te?”
Quello per
Victoria fu troppo. Prese il plico di foto e glielo lanciò contro. Dopodiché si
voltò e se ne andò.
Passarono due
settimane da quando Victoria se ne era andata.
Lex non aveva
spiegato a nessuno ciò che era realmente successo.
Anche Anthony
era tornato a Los Angeles.
La vita perciò,
riprese a scorrere normalmente per i ragazzi.
Katy, nel
frattempo, aveva notato che i suoi poteri non erano del tutto scomparsi. Si
erano solo assopiti. Li poteva usare ancora, ma, ora, la notte riusciva a
dormire tranquillamente.
Durante un
raduno del gruppo d’amici, al Talon, il discorso cadde sui sogni.
Pete aveva
appena finito di raccontare il sogno che aveva fatto la notte precedente.
“I tuoi sogni
sono sempre assurdi. Mi chiedo cosa tu abbia mangiato ieri sera.” Commentò
Chloe.
“Andiamo, non vi
è mai capitato di fare un sogno strano? Un sogno dove all’inizio sei in posto,
per ritrovarti dopo soltanto alcuni secondi in un altro luogo, senza sapere
come hai fatto o dove tu sia?”
“Beh, penso che
sia capitato a tutti.”
“Io non ricordo
mai i miei sogni.” Disse Lana.
“Io alcune
volte.” Disse Clark.
“Immaginiamo
cosa sogni.” Gli disse Pete.
“E tu Katy?” la
interpellò Chloe.
“Nemmeno io
ricordo i miei sogni.”
“Più che i sogni
tu non ricordi gli incubi. Ricordo, che quando abbiamo fatto un pigiama party,
ti sei svegliata nel cuore della notte, in preda agli incubi.”
Sentendo questa
frase Katy non poté impedirsi di guardare Lex. Anche lui la guardò.
Alcuni minuti
dopo Katy e Lex si trovarono da soli al tavolo. Lana era andata a servire dei
clienti, Pete era dovuto tornare a casa, mentre Clark e Chloe si erano
allontanati per raggiungere Lana alla quale dovevano chiedere una cosa per
scuola.
Tra i due calò
un silenzio imbarazzato.
“Come va la
notte? Ti svegli ancora?” chiese di punto in bianco Lex.
“Ultimamente non
mi capita più.”
“Davvero?”
domandò stupito.
“Già, saranno
alcune settimane. Riesco a dormire come un bambino.” Disse sorridendo.
‘Alcune
settimane. Da quando è arrivato quell’Anthony?’ Pensò Lex. Ma non poté chiedere
conferma poiché Clark e Chloe tornarono al tavolo.
Alcuni giorni
dopo, la madre di Clark, Martha, investì un ragazzino.
Il suo nome era
Ryan. A causa dello shock, non ricordava altro di sé, a parte il nome.
In attesa che i
servizi sociali lo prendessero in custodia, Ryan fu ospitato dai Kent.
Clark e Ryan
fecero amicizia.
Ryan, però,
nascondeva un segreto. Poteva leggere nel pensiero degli altri.
Un giorno,
mentre erano al Talon, Clark si allontanò alcuni minuti con Chloe per discutere
su un compito per scuola. Lana rimase a fare compagnia a Ryan.
“Lana, qual è il
tuo segreto?”
“Se te lo
dicessi, non sarebbe più un segreto.” Gli disse sorridendo la ragazza.
Anche Ryan
sorrise.
In quel momento,
furono raggiunti da Katy.
“Ehi, ragazzi,
ciao. Di cosa parlate?” disse sedendosi su uno sgabello di fianco a Ryan.
“Di segreti.”
Rispose Ryan.
“Argomento
piccante.” Disse ridendo la nuova arrivata.
“Tu ne hai di
segreti?” le domandò Ryan.
“Come tutti.”
Un ragazzo
passando vicino a Ryan lo spinse involontariamente. Lui, per non cadere si
appoggiò a Katy.
I due ragazzi
rimasero a fissarsi intensamente negli occhi per alcuni istanti.
Li riscosse
l’arrivo di Lex.
“Ragazzi.”
Salutò. Poi chiese a Lana un caffè.
“Tutto bene?”
domandò poi, notando le facce di Ryan e Katy.
“Sì. Tutto a
posto.” Gli rispose quest’ultima.
Ryan la guardò e
disse: “Questo sì che è interessante.”
Katy, lo fulminò
con lo sguardo.
“Che cosa è
interessante?” domandò Lex.
“Niente.”
Rispose la ragazza.
“I segreti sono
interessanti.” Disse il ragazzino osservando Lex.
Rimasero a
parlare tranquillamente alcuni minuti.
Poco dopo Lex
andò via e Lana tornò a servire i tavoli. Katy e Ryan rimasero soli.
La ragazza stava
per parlare, quando notò lo sguardo spaventato del ragazzino che si allontanò e
scappò dall’uscita secondaria del locale.
Katy, preoccupata,
chiamò Clark e lo seguì all’esterno.
Fuori non videro
nessuno. Si separarono.
Clark lo trovò
appena in tempo.
Ryan si era
nascosto in un bidone della spazzatura. Sfortuna volle che il camion della
nettezza urbana passasse proprio in quel momento.
Quando Katy li
raggiunse, decise di accompagnarli a casa.
Mentre erano nel
fienile, la ragazza chiese a Clark, qualcosa da bere. Il ragazzo andò in casa,
lasciandoli soli.
“Ora che siamo
soli, approfittiamone per parlare.” Disse Katy.
Il ragazzo la
guardò un po’ preoccupato.
“Non avere paura
di me. Non voglio farti del male. Se non ci credi, leggi pure i miei pensieri e
vedrai che non mento.”
“Lo so che non
menti.”
“Sai, mi sono
stupita prima, al Talon.”
“Anch’io. Non
pensavo che ci fosse qualcun altro con un potere simile al mio.”
Quando si erano
toccati al Talon, entrambi avevano letto nell’altro.
“Vuoi
raccontarmi cosa è successo?” domandò Katy ad un certo punto.
Nel frattempo
tornò Clark.
Ryan decise di
confidarsi con loro.
Poco distante,
in casa Luthor, Lex fu sorpreso dalla visita del padre.
“Che ci fai
qui?”
“Sono venuto a
trovare mio figlio.” Disse l’uomo sorridendo.
“Certo, come
no.” Lex non era molto convinto.
“Sempre
diffidente.”
“Sei tu che mi
hai reso tale.”
“Senti, non sono
qui per litigare.”
“Che cosa vuoi,
allora?”
“Proporti di
tornare a Metropolis con me.”
“Cosa?”
“Hai capito
bene.”
“Perché così
all’improvviso?”
“E’ già da un
po’ che ci penso. Qui hai avuto il tuo banco di prova e devo dire che ti sei
comportato bene. Perciò ho pensato che potrei darti un posto come dirigente
alla Luthor Corporation. Che ne dici?”
“Non so che
dire.”
“Mi sembrava che
volessi tornare a Metropolis il prima possibile. Non dirmi che ti sei
affezionato a questa cittadina sperduta nel nulla?”
Lex non rispose.
Lionel continuò. “Cosa c’è che può trattenerti qui? In ogni modo voglio una
risposta tra due giorni.”
“L’avrai.”
Dopo aver
salutato il figlio, Lionel se n’andò.
Lex si alzò
dalla sedia e avvicinandosi alla finestra, guardò fuori.
“Già. Che cosa
mi trattiene qui?” mormorò.
Il giorno
seguente.
Katy era andata
a fare acquisti al centro commerciale.
Ad un certo
punto si fermò davanti alla vetrina di un gioielliere. Si tastò il polso sul
quale teneva il bracciale regalatole da Lex.
Una voce alle
sue spalle la fece sussultare spaventata.
“C’è qualcosa
che ti piace?”
Si voltò.
Riconoscendo subito il proprietario della voce.
“Lex. Mi hai
spaventata.”
“Scusa. Allora?
C’è qualcosa d’interessante?” domandò il ragazzo indicando la vetrina.
“Conosci forse
una ragazza che non trovi interessanti i gioielli?” gli rispose la ragazza
sorridendo, ricordando una conversazione fatta in quello stesso posto, un po’
di tempo prima.
Anche lui
sorrise.
“Ti va di fare
un giro?” domandò Lex, stupendola.
“Certo.”
Camminarono in
silenzio per alcuni minuti. Poi Lex parlò.
“Mio padre ieri
è venuto a trovarmi.”
“Per lavoro?”
“In un certo
senso. Mi ha offerto un posto di dirigente alla Luthor Corporation.”
“E’ quello che
volevi.”
“Già.” Ci fu un
attimo di silenzio, poi Lex continuò. “Se accetto dovrò tornare a Metropolis.”
“Ah. Beh, in
fondo anche questo era ciò che volevi. O mi sbaglio?” la sua voce tremava
leggermente.
“Non sbagli.”
Il silenzio
tornò ad avvolgerli.
“Quando dovresti
partire?” chiese Katy poco dopo.
“Se accetto,
partirò dopodomani.”
Lei sussultò.
“Così presto?”
“Mio padre mi ha
dato due giorni per decidere.”
Ripresero a
camminare in silenzio. Ognuno perso nei propri pensieri.
Arrivarono
all’uscita del centro commerciale. Si guardarono alcuni istanti. Katy gli
sorrise, anche se dentro si sentiva morire.
“Ti auguro buona
fortuna, Lex.”
“Per cosa?”
“Per la tua vita
a Metropolis.”
“Non ho ancora
deciso.”
“Io credo di sì.
Lo hai detto tu stesso. Questo è sempre stato ciò che volevi. Che motivi
avresti per rifiutare?”
Subito dopo
distolse lo sguardo. Dirgli quelle parole era stato difficile. Perché quello
era un addio.
Si volse
un’ultima volta verso di lui. Gli sorrise ancora, ma stavolta fu un sorrise
pieno di tristezza.
“Ciao.” Gli
disse prima di correre via.
Lex aveva capito
che, sebbene lei gli avesse detto ciao, intendeva dirgli addio. Questo
pensiero, gli fece male.
Katy aveva
bisogno di sfogarsi. Corse, perciò, alla fattoria Kent.
Clark era solo
in casa. I suoi genitori avevano portato Ryan a fare un giro.
Sentendo
bussare, andò ad aprire e si trovò davanti Katy in lacrime.
“Che ti è
successo?” le chiese preoccupato, facendola entrare.
“Se ne va!”
disse lei tra le lacrime.
“Chi?”
Katy si buttò
tra le sue braccia in cerca di conforto.
“Lex. Torna a
Metropolis.” Rispose.
Lui la strinse a
sé e la condusse sul divano. Continuò a tenerla abbracciata cercando di
confortarla. Rimasero così a lungo.
Quando Katy si
fu calmata, si scusò con Clark per essergli piombata in casa in quel modo.
“Figurati. A
cosa servono gli amici se no?”
Lei gli sorrise.
Poco dopo che
furono tornati i signori Kent e Ryan, Katy andò via.
Quella sera
Clark, andò da Lex che lo fece accomodare nello studio.
“Come mai da
queste parti?” disse il padrone di casa sorridendo.
“E’ vero che
torni a Metropolis?” domandò Clark serio.
Il sorriso
scomparve dalle labbra di Lex.
“Non lo so
ancora. È tutto il giorno che ci sto riflettendo. Ma tu come lo hai saputo?”
“Katy. È venuta
da me oggi pomeriggio. Era sconvolta.”
“Mi dispiace.”
Disse sincero.
“Lo so. Mi
chiedevo come mai non me lo avessi detto.”
“Perché non ho
ancora deciso.”
“E perché lo hai
detto a Katy, allora?”
“Non lo so.”
“Io penso di
sì.”
“E sentiamo
allora, perché lo avrei fatto?”
“Perché cercavi
un motivo per rimanere.”
Lex non rispose.
In quel momento
suonò il telefono di Lex. Perciò Clark lo salutò e tornò a casa sua.
Quando tornò,
però. Trovò un’amara sorpresa. Gli assistenti sociali erano passati a prendere
Ryan e lo avevano portato via. Clark non aveva avuto nemmeno il tempo di
salutarlo.
Un’ora dopo, Lex
andò a casa di Clark.
“Come mai sei
qui?”
“Sto andando a
Metropolis a dare la mia risposta a mio padre.”
“Che sarebbe?”
“Lo scoprirai
domani.” Disse Lex sorridendo. Mentre stava per salire in macchina, ringraziò
Clark.
“Per cosa?”
“Per essermi
amico.” Rispose semplicemente. Dopodiché salì.
L’autista chiuse
lo sportello e salendo in macchina, partì.
Poco dopo arrivò
a casa Kent una donna dicendo di essere un’assistente sociale venuta a prendere
Ryan.
La famiglia Kent
rimase interdetta.
“Ma come? Sono
già venuti a prenderlo.” Disse Jonathan.
“Non è
possibile.” Disse l’assistente sociale. Poi come folgorata da un’intuizione,
chiese, mostrando loro la foto di un uomo e una donna, se erano stati loro a
prendere Ryan.
Martha riconobbe
la donna.
“Sì, era la
donna della foto. Ne sono sicura.”
“Allora è un bel
problema.” Disse l’assistente sociale.
“Perché?” chiese
Clark.
“Queste due
persone sono il patrigno di Ryan e sua moglie. Sono ricercati per furto ed
omicidio. Inoltre, abbiamo seri motivi per credere che il ragazzo venisse maltrattato
e che per questo fosse fuggito.”
“Scusi potrei
vedere meglio la foto dell’uomo?” domandò Clark.
L’assistente
sociale gliela mostrò.
“Lo hai già
visto?” gli domandò.
“Credo fosse
un’impressione.” Così dicendo si allontanò.
Uscì da casa.
‘Altro che impressione. Era il tipo che guidava l’auto di Lex.’ Pensò.
Usando i suoi
poteri raggiunse in poco tempo l’auto.
Intanto
nell’auto, l’autista si era appena fermato facendo salire la moglie e il
figliastro. La donna prese il suo posto alla guida, mentre il patrigno di Ryan
teneva sotto tiro Lex chiedendogli la password per accedere al suo conto
corrente.
Lex si rifiutò
di dargliela.
L’uomo, al
corrente dei poteri di Ryan, chiese al ragazzo se l’avesse scoperta.
Alla risposta
affermativa del ragazzino, buttò fuori dall’auto in corsa Lex dicendogli che
non gli serviva più.
Proprio in quel
momento arrivò Clark che soccorse l’amico.
“Tutto bene?”
“E tu che ci fai
qui?”
“Cercavo Ryan.”
“Il ragazzino è
nella mia macchina con due pazzi.”
“Tu rimani qui.
Vado a chiamare aiuto.” Detto questo, senza che Lex lo vedesse, usò i suoi
poteri e raggiunse l’auto.
Il patrigno
aveva detto alla moglie di fermarsi in prossimità di un bowling.
“Allora qual è
la password?” domandò a Ryan.
Lui non rispose.
“Avanti
digliela.” Disse la moglie.
“Non ti conviene
che la dica.” Le ripose.
“E perché?”
“Perché dopo che
avrà i soldi, ti ucciderà.”
“Cosa?” Chiese
guardando stupita e preoccupata il marito.
“Non devi
credergli tesoro. Dice così per metterci uno contro l’altra.”
“Non lo so se crederti.
Lui non ha mai mentito.”
L’uomo sbuffò
guardando a terra. Poi si voltò dando loro le spalle.
“Hai ragione.”
Disse mentre con un mossa veloce, afferrava la pistola e le sparava.
Ryan,
spaventato, corse all’interno del bowling.
Incrociò il
custode del locale che cercò di fermarlo, ma quando vide l’uomo armato, cercò
di fuggire. Non fece in tempo. L’uomo gli sparò.
Poco dopo arrivò
Clark.
Vide il corpo
della donna e poco distante quello del custode. Usando la sua vista a raggi x
cercò Ryan. Lo vide. E vide anche che era in pericolo. Corse da lui e, mettendo
K. O. il patrigno, lo salvò.
Il giorno
seguente.
Una zia di Chloe
era appena arrivata alla fattoria Kent. Aveva deciso di prendersi cura lei di
Ryan e gli assistenti sociali non avevano avuto nulla da ridire.
Ryan salutò
tutti. Quando fu il momento di salutare Katy, le disse a bassa voce: “Sai, è
stato bello parlare con qualcuno che mi capisce. Non mi era mai capitato di
poter parlare dei miei poteri, senza dovermi preoccupare delle conseguenze.”
“Sono sicura
che, prima o poi, incontrerai qualcuno di cui potrai fidarti ciecamente.”
“L’altro giorno
ho letto il segreto di Lex. Vuoi saperlo?”
Lei scosse la
testa. “No. Ognuno ha il diritto di avere i propri segreti.”
Ryan annuì e
sorrise.
Si abbracciarono.
Mentre erano abbracciati il ragazzino le disse: “Ti dico solo che riguarda te.”
Dopodiché si
allontanò.
Katy rimase
interdetta ad osservare l’auto con a bordo Ryan che si allontanava.
Poco dopo,
mentre tornava a casa, vide Lex appoggiato alla sua macchina. Sembrava stesse
aspettando qualcuno.
“Ciao.” La
salutò lui.
“Che ci fai qui?
Non dovresti essere a Metropolis?”
“Ho deciso di
restare qui.”
“Perché?”
“Perché mi piace
questa cittadina. Mi ci sto affezionando.” Disse sorridendo.
Lei ricambiò il
sorriso.
“Ti serve un
passaggio?”
“Sì, grazie.”
Salirono in auto
e Lex iniziò a guidare.
Passò un mese ed
arrivò il giorno dell’anniversario della morte della madre di Lex.
Il ragazzo era
al cimitero a far visita alla sua tomba.
Quando si girò
per andarsene, notò una donna dietro di lui. La riconobbe subito. Era stata la
sua tata quando sua madre era ancora viva.
“Che ci fai qui,
Pamela?”
“Sono venuta per
vederti.”
“Qui?”
“Sapevo che
saresti venuto. Volevo vedere come fossi diventato.”
“Ora lo hai
visto. Ti saluto.” Disse Lex superandola.
“Aspetta
Alexander…”
“Che cosa dovrei
aspettare?” chiese girandosi verso la donna.
“Possiamo
parlare un po’?”
“E di cosa? Del
fatto che mi hai abbandonato subito dopo la morte di mia madre? O del fatto che
le sei rimasta vicina solo per i soldi?”
“Del fatto che
sono stata costretta a farlo. Se mi fossi rifiutata ci saresti andato di mezzo
tu.”
“Che cosa vuoi
da me?”
“Chiederti scusa
e il tuo perdono.”
“Spiacente. Non
credo di potertelo dare.” Così dicendo le voltò le spalle e se ne andò.
Alcuni giorni dopo, Lex ricevette un’altra
visita del padre.
“Che ci fai qui?”
“Volevo sapere come andavano le cose.”
“Per quello c’è il telefono.”
“Ho saputo che Pamela è venuta a cercarti.”
“Ora è tutto chiaro.”
“Che cosa voleva?”
“Voleva soltanto sapere com’ero diventato e
chiedermi scusa.”
“Non fidarti di lei. Punta soltanto ai tuoi
soldi.”
“Ha detto che voleva il mio perdono.”
“E’ solo un modo come un altro per arrivare al
tuo portafogli.”
“Mi pareva che avesse già ricevuto una grossa
somma, quando se n’è andata.”
“E’ vero. Ma tra visite e terapie, probabilmente
li avrà finiti.”
“Visite e terapie?” chiese il ragazzo confuso.
“Non te lo ha detto? Ha un tumore.”
“No. Non me lo ha detto.”
Il padre pochi minuti dopo se n’andò,
lasciandolo solo a riflettere.
Un paio d’ore dopo, Lex si trovava nella
palestra di Smallville.
Si allenava a boxe contro un sacco. Era madido
di sudore.
Anche Katy era in palestra. I suoi genitori le
avevano chiesto di consegnare al proprietario una fattura, inerente degli
acquisti fatti nel loro negozio.
Mentre attraversava il corridoio dirigendosi
all’uscita, Katy notò una figura familiare allenarsi a boxe.
Entrò nella stanza.
Lex non si accorse della sua presenza.
“Non vorrei essere nei panni della persona con
cui sei arrabbiato.” Disse la ragazza.
Lex si fermò e si voltò verso di lei. Aveva il
respiro corto.
“Non sono arrabbiato.”
“Certo, come no. E io sono la regina
d’Inghilterra.” Disse lei con tono ironico.
Lex la fulminò con lo sguardo.
“Se non vuoi parlarne con me O.K., ma non
insultare la mia intelligenza. Io non lo faccio con la tua.” Disse Katy prima
di voltarsi per uscire.
“Oggi è l’anniversario della morte di mia
madre.” Disse Lex.
Katy si volse di nuovo verso di lui.
Si guardarono negli occhi.
“Scusa.” disse lei.
“Perché ti scusi?”disse Lex mentre, raccolto un
asciugamano, si detergeva il sudore.
“Per il tono che ho usato. Non lo sapevo.”
“Non scusarti. Qui non credo lo sappiano in
molti. Non lo vado a sbandierare ai quattro venti.” Disse sedendosi su un
gradino.
Lei gli si sedette di fianco.
“Ti manca molto?”
“Non sono un bambino che ha bisogno della
mammina.”
“Lo so. Sei un uomo che ha una gran forza di
volontà, e grandi responsabilità. E che per questo non può mostrarsi debole.
Però… ora siamo soli. E di sicuro io non posso nuocerti. Perciò per una volta
nella tua vita, puoi anche mostrarti per quello che sei.”
“E cosa sarei?”
“Dimmelo tu.”
“Sono un Luthor…” iniziò a dire, ma Katy lo
interruppe.
“No. Ti sbagli.”
“Che stai dicendo?”
“Tu non sei un Luthor, tu sei Lex. Anzi nemmeno.
Qual è il tuo vero nome?”
“Ma che dici? È Lex.”
“So che Lex è un diminutivo. Qual è il tuo nome
per esteso?”
“…Alexander.” Disse lui dopo un attimo
d’esitazione.
“Alexander. Lo sai è un nome bellissimo.” Disse
lei con un sorriso dolce. “Tu sei Alexander.”
“Soltanto due persone finora mi hanno chiamato
così.”
“Chi? Se posso chiederlo.”
“Mia madre e Pamela.”
“Pamela?”
“Era la mia tata.”
“Ho la sensazione di non sbagliare se dico che
queste due sono le persone che più hai amato.” Lo fissò alcuni secondi poi
aggiunse. “Forse le uniche che tu abbia amato.”
Lui non rispose.
“Sei ancora in contatto con lei?”
“Non proprio. Stamattina l’ho incontrata dopo
anni.”
“Non ti ha fatto piacere la cosa?” chiese lei
notando il tono con cui lui aveva parlato.
“Mi ha abbandonato subito dopo che mia madre è
morta.” Disse Lex.
“Come mai?”
“Perché ha avuto la sua liquidazione. Ed ora
vuole altri soldi.”
“Te lo ha detto lei?”
“No.”
“E chi?”
“Mio padre.”
“Tuo padre?”
“Già. Ha detto che probabilmente avrà già finito
i soldi della liquidazione tra visite e terapie?”
“Terapie?”
“Ha un tumore.”
“Tu credi che voglia davvero i tuoi soldi?”
“Lei ha detto che vuole il mio perdono.”
“E tu credi a tuo padre e non a lei. Giusto?”
Silenzio.
“Posso farti una domanda?”
“Finora qualcosa ti ha trattenuta?” chiese lui a
sua volta con un mezzo sorriso sulle labbra.
Anche Katy sorrise. Poi tornò seria e gli disse:
“Tu non ti sei mai fidato di tuo padre. Perché proprio ora hai deciso di dargli
fiducia?”
“…”
“Non è che lo fai soltanto perché hai paura di
soffrire di nuovo per la perdita di qualcuno a cui vuoi bene?”
“…”
“Ti ha detto perché non si è fatta più vedere in
questi anni?”
“Ha detto che mio padre le aveva consigliato,
non troppo gentilmente, di non mettersi in contatto con me.”
“E tu davvero non capisci perché lo ha fatto
ora?”
“Che cosa dovrei capire?” chiese lui iniziando
ad alterarsi.
“Le minacce di tuo padre non hanno più valore.
Il tumore credo che sia grave. Non ha più niente da perdere. Ma può guadagnare
il perdono di una persone che per lei è molto importante. Tu.”
Lui la fissò negli occhi.
“Questo lo senti?” chiese lui riferendosi al suo
potere.
“No. Ne sono sicura.”
“Perché?”
“Perché tu sei il tipo che si ama o si odia.
Nessuna via di mezzo. Ma quando una persona s’innamora di te questo sentimento
dura per sempre. È impossibile che scompaia o anche solo che si affievolisca.”
Si fissarono negli occhi.
“L’amore può diventare odio.” Disse lui.
“Anche l’odio è un modo d’amare.”
“Ne sei davvero convinta?”
“Sì. Come sono convinta che tu voglia
riallacciare il rapporto con Pamela.”
Rimasero in silenzio alcuni secondi. Poi lei si
alzò e si girò verso di lui con un sorriso luminoso in volto. “Su, andiamo!”
Disse.
“Dove?”
“Ma quante domande che fai oggi!” disse lei
ridendo. Poi tendendogli la mano disse: “Da Pamela.”
Lui la guardò prima negli occhi, poi fissò la
mano per spostare nuovamente lo sguardo sui suoi occhi. Infine si decise e le
prese la mano alzandosi.
“Dammi il tempo di farmi una doccia veloce.”
“Ti aspetto.”
Si lasciarono lentamente le mani, mentre Lex si
diresse verso le docce.
Circa un’ora dopo i due ragazzi arrivarono
all’ospedale di Metropolis. Avevano saputo dal padrone di casa di Pamela che
lei era stata ricoverata lì.
Katy si fermò fuori dalla stanza. Lex lo notò e
si fermò anche lui.
“Che succede?”
“Nulla. Io ti aspetto qui. Tu vai e mi
raccomando, chiarisci tutto.” Disse lei sorridendo.
Lui ricambiò il sorriso ed entrò nella stanza.
Pamela lo vide subito.
“Alexander, che ci fai qui?” chiese la donna
sorpresa.
“Perché non me lo hai detto?” domandò a sua
volta indicando i macchinari intorno al letto.
“Come lo hai saputo?”
“Mio padre.”
“Alexander, io so di averti fatto del male
andandomene. Ma a quel tempo pensavo davvero di fare ciò che era meglio per te.
Io ti volevo bene e ti voglio bene tuttora.”
“Lo so.” Ammise.
“Ne sono felice.” La donna sorrise.
Rimasero a parlare un po’.
“Sono felice che tu sia venuto, Alexander.”
“Non devi ringraziare me, in realtà.”
“Che intendi?”
“E’ stata un’altra persona a convincermi a venire.”
“Chi?”
“Un’amica.”
“Un’amica? È quella ragazza che c’è qui fuori?”
domandò avendola vista attraverso il vetro, camminare avanti e indietro.
“Sì.”
“E tu fai aspettare una ragazza così a lungo?
Che cavaliere sei?” disse ridendo. “Falla entrare. Sono curiosa di conoscerla.”
Lex annuì ed uscì a chiamare la ragazza.
Katy si sentì leggermente imbarazzata sotto lo
sguardo scrutatore di Pamela. Si sentiva quasi passata ai raggi X.
Lex presentò le due donne.
“Alexander mi ha detto che lo hai convinto a
venire qua. Ti ringrazio.”
“Non deve. Non sono stata io a convincerlo.
Credo che lo volesse anche lui. Io gli ho solo dato l’ultima spinta.”
“Allora ti ringrazio di averlo fatto.”
La fissò ancora per alcuni secondi.
“Sono felice che Lex abbia una ragazza come te.”
Katy arrossì. “Si sbaglia, io non sono la sua
ragazza.” Disse al culmine dell’imbarazzo.
“No? Avrei detto il contrario.”
“Pamela…” disse Lex.
“O.K., non dico più niente.”
Katy e Lex si fermarono ancora per circa un’ora.
Dopodiché decisero di tornare a casa.
Mentre erano sulla porta Pamela richiamò Lex.
Katy lo aspettò fuori.
“Che c’è?”
“Volevo solo dirti che tua madre sarebbe fiera
di come sei diventato. Così come lo sono io.”
“Grazie.”
“Non ringraziarmi. Lo penso davvero.” Pamela
guardò verso la porta. “Katy mi sembra una brava ragazza.”
“Lo è.”
“E’ innamorata di te.”
“Lo so.”
“E tu?”
Lex non rispose.
Pamela sorrise.
“Sarete una bella coppia.”
“Vorrai dire: sareste.”
“No. Volevo proprio dire sarete. Anzi, mi
stupisce che non lo siate già. Anche tu sei innamorato di lei.”
“Ma com’è che tutte e due siete convinte di
sapere esattamente cosa penso?”
“Perché ti conosciamo e ti vogliamo bene.”
Lex sorrise.
Si salutarono e lui raggiunse Katy.
Durante il viaggio di ritorno, Lex non riuscì a
togliersi dalla mente l’ultimo discorso di Pamela. Senza farsi vedere ogni
tanto spiava Katy con la coda dell’occhio.
Ad un certo punto le chiese se avesse fretta di
tornare a Smallville.
“Non particolarmente. Perché?”
“Vorrei portarti in un posto.”
Guidò per una ventina di minuti nel traffico di
Metropolis. Infine fermò la macchina. Si trovavano al cimitero.
Scesero dalla macchina. Katy gli si mise al
fianco e si incamminarono. Poco dopo si fermarono di fronte ad una tomba.
“E’ la tomba di tua madre, Lex?”
“Sì.”
Katy aspettò che lui parlasse, ma notando che
rimaneva in silenzio, lo fece lei.
“Com’era?”
“Era bellissima. Non solo fisicamente, anche
spiritualmente. Era sempre gentile.”
“Ti manca?” gli chiese Katy, sperando in cuor
suo che non rispondesse come poche ore prima.
“Sì.”
Il silenzio tornò ad avvolgerli.
Katy, cercando di confortare il ragazzo del
quale percepiva il dolore, gli strinse la mano.
Lui ricambiò la stretta.
“Le saresti piaciuta.” Mormorò.
“Per come la ami, sono sicura che anche lei mi
sarebbe piaciuta.”
Fissarono ancora la lapide per alcuni minuti.
Poco dopo Lex si inginocchiò ad accarezzare la
foto della madre.
Lex non poteva vederla, ma, inginocchiata vicino
a lui c’era un’entità con le sembianze della donna nella foto.
Katy le disse nella sua mente: ‘Gli stia
vicino.’
La donna sembrò percepire il suo pensiero e le
sorrise. Dopodiché mise una mano su quelle ancora unite di Katy e Lex. ‘Anche
tu.’ Disse a Katy.
La ragazza annuendo rispose: ‘E’ l’unico posto
dove vorrei stare.’
Passarono alcuni minuti poi se ne andarono.
Il giorno seguente tutti si ritrovarono al Talon
come al solito.
Stavano discutendo del ballo di fine anno che si
sarebbe svolto due settimane dopo.
Mentre parlavano arrivò Lex che si sedette di
fronte a Katy.
“Mi sembrate tutti euforici. Di che parlate?”
domandò il neo arrivato.
“Del ballo di fine anno.” Rispose Chloe
esaltata.
“Ora capisco l’agitazione che c’è in giro.”
“Già. Tutti non vedono l’ora che arrivi quella
sera.” Disse Lana.
“Sono curioso. Con chi andrete al ballo?”
“Io andrò con Withney.” Annunciò Lana.
“Io ho invitato la capo cheerleader ed ha accettato!”
Esclamò esaltato Pete.
“Noi, invece, andremo insieme.” Informò Clark,
indicando Chloe.
“E tu?” domandò Lex a Katy.
“Nessuno mi ha invitata.” Disse imbarazzata.
“Qualcuno lo farà di sicuro.”
Dopodiché cambiarono argomento.
Mentre stavano parlando si avvicinò Sean, il
capitano della squadra di football della scuola.
“Ciao ragazzi.”
“Ciao Sean.”
“Scusa, Katy, posso parlarti?”
“Certo, dimmi.”
“Hai già qualcuno con cui andare al ballo?”
“Beh, no.” disse un po’ imbarazzata.
“Ti va di venire con me?”
Katy arrossì. Inconsciamente si volse verso Lex.
Poi tornò a guardare Sean. “Ecco… veramente…”
“C’è qualcosa che non va?”
“No… non è quello…”
“Allora dimmi di sì.” Insistette Sean.
“Posso pensarci un po’ sopra?”
“Basta che non mi fai aspettare troppo.”
“Ti darò la mia risposta domani mattina.”
“Perfetto.” Dopodiché si allontanò.
“Visto che qualcuno ti ha invitato?” disse Lex.
Nel suo tono Katy sembrò cogliere una certa
contrarietà. “Eh già. Che bello.” Disse con ironia.
La mattina seguente Katy diede a Sean la sua
risposta. Non sarebbe andata al ballo con lui. Notò che Sean ci rimase un po’
male, ma fece finta di niente.
Arrivò, infine, il giorno del ballo.
Lex andò da Clark per accordarsi riguardo la
limousine che gli avrebbe prestato.
Clark era nel fienile che cercava di farsi un
fiocco decente al papillon.
“Vuoi una mano?”
“Grazie. Non riesco mai ad allacciarlo. Stavo
per andare a chiedere aiuto a mia madre.”
Lex lo aiutò.
“A che ora devo fare passare la limousine?”
“Beh, direi verso le 19:30. Con gli altri
abbiamo pensato che il percorso più comodo per l’autista sia passare da me, poi
da Lana dove ci sarà anche Withney, poi da Chloe e infine dalla ragazza di Pete
dove ci sarà anche Pete.” Disse sorridendo.
Lex notò che mancava qualcuno. “E Katy? Va
direttamente con il giocatore di football?”
Clark si rabbuiò un po’. “Pensavo che lo
sapessi. Ha rifiutato la sua proposta.”
“Davvero? E con chi andrà?” chiese cercando di
mostrare nonchalance.
“Non ci andrà.”
“Cosa? Possibile che nessun altro l’abbia
invitata?” era alquanto stupito.
“Per quanto ne so io, almeno altri due ragazzi
l’hanno invitata. Ma lei ha sempre rifiutato.”
“Quindi andrà da sola al ballo?”
“No. Non ci andrà affatto.”
“Eppure credevo che anche lei aspettasse questo
giorno con ansia.” Disse confuso.
“Sì, lo pensavo anch’io. Ma poi ho saputo da
Chloe che ha riportato indietro il vestito che aveva preso per il ballo.”
Calò il silenzio.
Poco dopo Lex salutò Clark e si diresse al
centro commerciale.
Mancava circa mezz’ora all’inizio del ballo,
quando il campanello di casa Delawee suonò.
Fu la sig.ra Delawee ad aprire.
Katy era nella sua stanza, sdraiata sul letto ad
osservare il soffitto, quando qualcuno bussò alla sua porta.
“Se mi vuoi chiedere ancora se sono sicura di
non volere andare al ballo, la risposta è sempre la stessa.” Disse convinta che
fosse la madre.
La porta si aprì. “Sicura di non voler cambiare
idea?”
Katy si volse di scatto verso il proprietario di
quella voce. Era proprio l’ultima persona che pensava potesse entrare in camera
sua.
“Lex! Che ci fai qui?” disse mettendosi a
sedere.
“Posso entrare?” chiese a sua volta.
“Sì, certo.”
Lui entrò nella stanza e chiuse la porta. Poi si
volse verso di lei e le rispose.
“Ho saputo da Clark che hai deciso di non andare
alla festa. È vero?”
Lei annuì.
“Non vuoi cambiare idea?”
“Sarebbe inutile oramai.”
“Perché?”
“Perché ho rifiutato gli inviti che ho
ricevuto.”
“Solo per questo?”
“Beh, non avrei nemmeno un vestito da mettermi.
Quello che avevo preso l’ho riportato indietro.”
“Altri motivi?”
“Direi che questi sono sufficienti.”
“Forse. Ma se i motivi sono questi, direi che
sono facilmente superabili.”
“Che vuoi dire?”
Lex le sorrise e uscì dalla porta tornando poco
dopo con una scatola in mano.
“Cos’è?”
“Aprilo.”
Lei obbedì. Non voleva credere ai suoi occhi
quando vide il contenuto.
Era un abito da sera e delle scarpe azzurre. La
parte alta del vestito era di colore bianco, che sfumava verso il basso in
azzurro. Sulla parte davanti del vestito, dalla vita fino ai piedi, c’erano
disegnate delle rose blu, con delle pietruzze bianche che sembravano rugiada.
“E’ bellissimo!”
“Sono felice che ti piaccia.”
“Ma cosa significa tutto questo?” domandò
confusa.
“Questo è il PROM. Il ballo della scuola per i
ragazzi dell’ultimo anno. È giusto che tutti vi partecipino. E volevo che tu
non perdessi quest’occasione.”
“Ti ringrazio per il pensiero, ma non intendo
andare al ballo e guardare gli altri ballare.”
“E chi dice che devi solo guardare?”
“E’ quello che si fa di solito se non si ha un
cavaliere.”
“Giusto, l’altro motivo per cui non vuoi andare
al ballo. Che ne dici se ti faccio io da cavaliere?”
Katy pensò di avere capito male.
“Cosa?”
“So che sono un po’ troppo grande e anche in
ritardo, ma… Katy Delawee vuoi venire al ballo con me?”
Gli occhi della ragazza si riempirono di
lacrime.
“Lo devo prendere come un sì?”
Katy rise felice. “Sì.”
Lex annuì soddisfatto e la lasciò sola per
prepararsi.
Pochi minuti dopo Katy lo raggiunse al piano
inferiore.
Quando la vide, a Lex si bloccò il respiro. Era
bellissima e glielo disse.
“Sei bellissima.”
Lei arrossì e lo ringraziò.
Anche i suoi genitori erano d’accordo con Lex.
Katy salutò i suoi genitori ed uscì di casa con
il suo cavaliere.
Arrivati alla macchina, Lex le aprì lo sportello
e, dopo che lei fu salita, glielo richiuse. Dopodiché fece il giro dell’auto e
salì anche lui. Accese il motore e partì.
Invece di dirigersi a scuola si diresse a casa
sua.
“Che ci facciamo qui?”
“Devo solo prendere una cosa, non ci metteremo
molto.”
Entrarono in casa. Lex la condusse nel suo
studio.
Da un cassetto della sua scrivania prese un
bouquet da polso dello stesso azzurro del vestito.
Le prese il polso e glielo mise. Tenne per
alcuni istanti la mano di Katy tra le sue.
“Manca ancora qualcosa.”
“E che cosa?”
Lui le lasciò la mano e prese una scatola.
“Questo.” Disse aprendola.
La scatola conteneva una collana di brillanti
con al centro un pendente sempre di brillanti.
Katy era senza parole.
“Ti piace?”
“E’ magnifica.”
“Sono felice che sia di tuo gusto.” Disse
estraendola dalla scatola. “Ti aiuto a metterla.”
“Non penso che sia il caso… Cioè, non posso
accettare una cosa del genere.”
“Se ti fa sentire più tranquilla, è solo un
prestito. Era di mia madre e penso che starebbe bene su di te e su quel
vestito.”
Lei sembrò ancora titubante.
“Vuoi davvero che metta un gioiello di tua
madre?”
“Io non posso certo metterli. E poi mi dispiace
lasciarli chiusi in una cassaforte.”
Quando Lex le si mise alle spalle e le allacciò
la collana non riuscì a resistere all’impulso di accarezzarle il collo.
In quel momento un orologio scandì l’ora. I due
ragazzi si ripresero ed uscirono da casa.
Arrivarono a scuola che la festa era già
iniziata.
La prima a vederli fu Lana che richiamò
l’attenzione del resto del gruppo su di loro.
Anche Katy e Lex li videro e li raggiunsero.
“Katy che bello! Alla fine sei venuta!” disse
Chloe.
“E con il cavaliere giusto.” Aggiunse Lana.
Lei sorrise un po’ imbarazzata.
“Ehi, amico. Non pensavo che ti saresti deciso
ad invitarla.” Disse Clark a Lex, battendogli una pacca sulla spalla.
Lex sorrise al commento di Clark.
Poco dopo il complesso ingaggiato per la festa
iniziò a suonare una musica lenta. Tutte le coppie si misero a ballare.
Katy credeva di sognare. Era tra le braccia
dell’uomo che amava e stavano ballando una musica romantica.
“Grazie, Lex.”
“E di cosa?”
“Per avermi regalato questa serata.”
“Non sono così generoso come credi.” Disse
serio.
Katy lo guardò negli occhi.
“Che vuoi dire?”
“Voglio dire che se ti ho chiesto di venire con
me alla festa è stato perché lo volevo anch’io.” Ammise.
“Davvero?” non riusciva a crederci.
“Sì.” Le sussurrò lui subito prima di avvicinare
il suo viso al suo.
Proprio mentre le loro labbra stavano per
toccarsi andò via la luce.
Si allontanarono di scatto.
“Che tempismo!” Disse Lex.
“L’hai notato anche tu?” chiese ironicamente
Katy.
Ma come finì la frase avvertì una strana
sensazione.
“Speriamo che la riattacchino in fretta.” Disse
Chloe che stava ballando vicino a loro.
“Sì, non preoccuparti. Sarà saltato un
fusibile.” Disse Pete.
“No. Non è così.” Disse Katy.
“Che intendi?” domandò Lex.
“E’ opera di qualcuno.”
“Come fai a dirlo?” chiese Clark.
“Avverto la presenza di un’entità. Non riesco a
vederla, ma sento che c’è.”
“Un’entità? Intendi come quella che c’era a casa
di Lex?” domandò Lana.
“Sì. Ma questa è molto più potente e
pericolosa.”
“Pericolosa?”
“Sì. È intrisa d’odio, rancore e rabbia.”
In quel momento un forte vento si levò nella
stanza. Tutti i presenti furono spinti contro le pareti. Eccetto un gruppetto
che rimase al centro della stanza. La maggior parte delle persone svenne. La
luce tornò ad illuminare la stanza.
Al centro della pista da ballo erano rimasti
Katy, Lex, Clark e Chloe. Gli unici a non essere svenuti.
“Ma che sta succedendo?” domandò preoccupata
Chloe.
“Non lo so, ma non mi piace.” Disse Clark.
Si sentì una voce.
“Ma guarda. Sono rimasti in piedi più persone
del previsto. Ma non è un problema. Sistemerò tutti.”
Tutti e quattro i ragazzi l’avevano sentita.
“Chi sei?” chiese Katy.
“Non mi riconosci? Sono Sean.”
“Perché ci hai attaccati? Con chi ce l’hai?”
“Non lo indovini? Eppure sei stata proprio tu
che mi hai rifiutato.”
“Se è con me che ce l’hai, lascia stare gli
altri!”
“Colpa loro che non sono svenuti, che si sono
opposti al mio piccolo venticello.”
“Fatti vedere Sean!”
“Perché? Mi sto divertendo molto a spaventarvi.”
“Forse loro sono spaventati, ma io non lo sono
per niente.” Disse Katy.
“Nemmeno io.” Affermarono Lex e Clark in coro.
“Beh, io, in effetti, un pochino.” Ammise Chloe.
Clark le prese la mano per infonderle coraggio.
“Che scena commovente. Siete fortunati che non
siete voi le persone con cui ce l’ho.”
“Perché ce l’hai con me. Lo abbiamo capito. Se
non sei un fifone mostrati.”
“Come vuoi, Katy.”
Di fronte a loro si materializzò Sean che guardò
con odio Katy.
Lex, istintivamente, si frappose tra la ragazza
e il giocatore di football.
A Sean non piacque il gesto e con un movimento
della mano, lo scagliò lontano.
“Lex!” lo chiamò Katy preoccupata. Stava per
raggiungerlo, quando con un altro movimento Sean la mandò dall’altro lato.
Non contento, quando la vide rialzarsi, la
scagliò ancora attraverso la stanza, in direzione di Clark.
Questi, riuscì a fermarla con il proprio corpo.
A quel contatto il potere di Katy si attivò e la ragazza riuscì a percepire il
segreto di Clark.
Lo guardò con uno sguardo strano. Come se stesse
comunicando con lui.
Clark a sua volta la guardò confuso, ma poco
dopo annuì leggermente.
Katy si raddrizzò. Cercò con lo sguardo Lex e lo
vide che si reggeva ad un tavolo. Probabilmente nell’impatto si era fatto male.
Questo pensiero la fece arrabbiare.
Guardò Sean e notò una cosa che iniziò a farla
seriamente preoccupare. Intorno a lui c’era una sorta di barriera che gli altri
non potevano vedere.
Il giocatore di football intuì che Katy doveva
averla notata.
“Questa sì che è una sorpresa. Puoi dire ancora
di non avere paura?” subito dopo aver pronunciato queste
parole, si levò ancora un forte vento. Katy vide che un punto della barriera si
apriva. Il punto diretto verso Lex.
Katy, così come aveva fatto poco prima, comunicò
telepaticamente con Clark.
‘Clark, sta puntando verso Lex. Usa i tuoi
poteri per toglierlo dalla traiettoria.’
‘Ma non faccio prima ad attaccare Sean?’
‘No. C’è una barriera che lo protegge. Fa come
ti ho detto. Ti dico io quando.’
Lui annuì.
Quando Katy notò che Sean stava per colpire Lex
urlò: “Ora!”
Clark usò la sua supervelocità e si lanciò verso
Lex. Riuscì a spostarlo in tempo. Come lo portò fuori dalla traiettoria, il
muro, che era fino a poco prima dietro Lex, si crepò paurosamente.
Chloe era allibita per ciò che aveva appena
visto. Come del resto Lex.
In una frazione di secondo si ritrovarono tutti
e quattro vicini.
Katy stava pensando a come poter affrontare
Sean. Quando sentì una voce conosciuta.
“Ci penserò io ad aprire la sua barriera.
Approfittate di quel momento.”
“Avril?!”
“Sì, sono io. Avevo detto che vi avrei osservato
per sapere come sarebbe finita. E ho deciso di intervenire.”
Subito dopo Avril attraversò la barriera ed
entrò in Sean, cercando di annullare il suo potere. Riuscì ad eliminare la
barriera. Katy corse subito verso il giocatore di football e gli prese le mani.
Una forte scarica d’energia scaturì da loro
espellendo Avril dal corpo di Sean che riacquistò la padronanza di sé.
Cercò di allontanare Katy, ma la ragazza si
teneva saldamente a lui.
All’improvviso Sean, gridando in preda ad un
forte dolore, si inginocchiò a terra.
Anche Katy si inginocchiò al limite delle forze.
‘Non ce la faccio. Non riesco a vincere il suo
potere. Non sono abbastanza forte.’ Pensò la ragazza.
In quel momento sentì una presenza alle sue
spalle che poggiò le mani sulle sue.
Si volse e vide Lex.
‘Non arrenderti. So che puoi farcela.’ Fu il
pensiero di Lex che raggiunse perfettamente Katy.
Lei annuì e rinvigorita dalla vicinanza e
dall’appoggio di Lex, concentrò la sua energia nelle mani.
Sean urlò ancora, cercò di resistere, ma non ce
la fece. Svenne vinto dal potere di Katy.
Per lo sforzo enorme cui era stata sottoposta,
Katy si accasciò contro il petto di Lex.
“Sono sfinita.” Mormorò.
Intorno a loro era tornata la calma. Il vento
aveva smesso di soffiare e Clark e Chloe si avvicinarono ai due.
“Ma cosa è successo? Non ci ho capito niente.”
Disse Clark.
“Sean aveva costruito intorno a lui una
barriera. Nessuno poteva attraversarla. Per questo ti ho impedito di attaccarlo
direttamente.”
“Ma tu l’hai fatto.”
“Solo dopo che è intervenuta Avril. È entrata
nel corpo di Sean annullando la sua barriera. L’ho raggiunto e ho creato un
contatto con lui. Questo ha generato una forte scarica d’energia e ha espulso
Avril dal suo corpo. Sia io che Sean abbiamo incanalato le nostre energie nelle
mani. Lui cercava di sopraffarmi con il suo potere generato dall’odio e dal
rancore, in quel modo sarei diventata come lui. Un’entità che cerca di seminare
odio.”
“Vuoi dire che è stata l’ennesima lotta tra odio
e amore?” chiese Chloe.
“No. O meglio non proprio. Principalmente il mio
potere non si basa sull’amore. Si basa sul sentire i sentimenti degli altri.
Lui cercava di inondarmi d’odio, io cercavo di rimandare questi sentimenti al
mittente, con il doppio della loro reale forza. Solo che era talmente accecato
dall’odio che stava per sopraffarmi.”
“Però alla fine hai vinto tu.”
“Solo perché Lex è intervenuto. Grazie.” Disse
guardandolo negli occhi.
“Ho agito d’impulso. Mi era sembrato che stessi
per rinunciare. Volevo farti sentire che non eri sola.”
“Era quello di cui avevo bisogno.”
Con l’aiuto di Lex, Katy si alzò e si guardò
intorno.
“Di Sean cose ne sarà?” domandò Chloe.
“Credo che avrà bisogno di cure psichiatriche.
Questo tipo di lotta, purtroppo rende pazzi chi la perde.”
“Anche prima non era tanto normale.” Cercò di
consolarla Clark.
Katy sorrise.
“Hai fatto un buon lavoro Katy.”
Disse Avril che aveva assistito a tutta la scena. Stavolta anche gli altri tre
poterono vederla e sentirla.
“Grazie. Se non fosse stato per te non so come
sarebbe finita.”
“Sono intervenuta soltanto perché mi hai
restituito la fiducia negli altri. Ora posso anche andarmene. Vi auguro tanta
felicità ragazzi.” Subito dopo scomparve.
“Dove è andata?” chiese Chloe.
“Dove, finalmente, potrà avere un po’ di pace.”
“Credi che gli altri si riprenderanno?” domandò
Clark notando che erano ancora tutti svenuti.
“Sì. Tra poco si sveglieranno. Bisogna aspettare
che tutta l’energia che è stata incanalata in questa stanza si affievolisca.”
“Però non ho capito una cosa.” Disse Chloe.
“Cosa?” chiese Clark.
“Come hai fatto ad arrivare da Lex così
velocemente?”
“In effetti, anch’io volevo chiedertelo.” Ammise
Lex.
Clark li guardò indeciso se ammettere la verità
o meno. Decise di fidarsi e raccontò a grandi linee il suo segreto.
Sia Chloe sia Lex ne rimasero esterrefatti.
“Mi spiace non avertelo detto prima, Chloe.”
Katy e Lex si allontanarono un po’.
“Posso capire il motivo per cui non l’hai fatto.
E in ogni modo sono felice che tu l’abbia fatto adesso.”
I due si sorrisero. Clark si decise a fare ciò
che da molto tempo ormai desiderava fare. La baciò.
Poco distante Katy stava chiedendo a Lex come
stava.
“Bene. Ho solo preso una piccola botta al
fianco. Ma sto bene.”
“Sai, quando ho visto che era Sean l’entità, non
ho avuto paura. Ma, quando ho capito che stava per colpirti, ho iniziato a
tremare dal terrore di perderti.”
Lui l’abbracciò.
“Non mi perderai. Credimi.”
“Come puoi dirlo?”
Lex prese un profondo respiro. “Lo so per certo.
Perché ti amo.”
Il cuore di Katy mancò un battito.
“Anche io ti amo.”
Disse buttandogli le braccia al collo.
Rimasero abbracciati per alcuni secondi in
silenzio. Poi Lex le sussurrò all’orecchio: “Giuro che, se c’interrompono
ancora, faccio una strage.”
Katy rise e rispose: “Credo che nessuno oserà
mettersi contro di te, Alexander.”
Lui la guardò negli occhi, poi avvicinò
lentamente il suo viso a quello della ragazza e, finalmente, la baciò.
Poco dopo tutte le persone svenute, ripresero
conoscenza. Si guardarono in giro e videro che al centro della pista da ballo
c’erano due coppie che si stavano baciando. Quattro ragazzi che non avevano
segreti, che potevano essere se stessi, che erano finalmente liberi di amarsi.
FINE